15 Aprile 2011 – Fra pochi giorni, il 12 e 13 Giugno,
saremo chiamati a rispondere ad alcuni quesiti referendari, tutti
molto importanti, ma ce ne sono due che per il territorio prevalgono
sugli altri e a cui non è stato dato il giusto rilievo: stiamo
parlando dell’acqua pubblica. Perché un sito di informazione
locale si occupa di un argomento serio come un referendum e dai
complessi risvolti politici? La risposta è semplice: l’acqua
rappresenta un diritto della persona e un bene irrinunciabile per
questo, secondo noi, è un argomento da dibattere a livello
territoriale evitando il silenzio istituzionale che è calato
improvvisamente su questa materia. Nel 2008 il Governo ha varato
una legge che, di fatto, consegna ai privati la gestione di un bene
essenziale come l’acqua, ora i due referendum tentano di fermare
la privatizzazione
dell’acqua e dei profitti
fatti sulla pelle del cittadino. In quanto bene pubblico e di proprietà
delle persone che vivono in un territorio, l'acqua dovrebbe avere
un costo per ripagare le sole spese occorrenti per la depurazione,
i controlli biologici e quelli di trasporto dai fiumi verso i centri
abitati. Da
sempre l'uomo ha sfruttato l’acqua come la linfa vitale necessaria
alla sua esistenza e dalla quale anche oggi dipende la qualità
della vita. Perfino l’uomo primitivo ha imparato che, per sopravvivere,
doveva costruire il suo rifugio vicino ai fiumi e ai laghi per sfruttare
quel bene prezioso che migliorava la vita e permetteva la sua sopravvivenza.
Un esempio molto significativo di gestione privata dell’acqua e
dei suoi effetti negativi è quella relativa al suo controllo
da parte della mafia in Sicilia. L’organizzazione mafiosa ha sempre
rivolto particolare attenzione ad una risorsa fondamentale come
l’acqua e con i propri guardiani stabiliva il “controllo” vitale
su di essa nelle campagne palermitane traendone lauti guadagni.
Il controllo dell’acqua è un potere, per questo siamo contrari
alla sua privatizzazione. Esistono già esempi di assegnazione
ai privati della gestione del patrimonio idrico in Italia, ne sanno
qualcosa gli abitanti della provincia di Latina dove negli ultimi
anni, dopo l’affidamento degli acquedotti a una S.p.A., hanno visto
lievitare i costi del bene prezioso a livelli assurdi e sono stati
costretti a ricorrere a diversi contenziosi nei tribunali.
Non vogliamo assistere nei prossimi mesi alla spartizione del bottino
miliardario, come la famosa contesa della tunica sotto la croce
del Cristo (scusate il paragone blasfemo ma rende l’idea), tra grandi
finanzieri di casa nostra e agguerrite società straniere
che si contenderanno un affare da svariati miliardi di euro. Tanto
per farci un’idea di quello che ci aspetta il mercato delle bollette
è già cresciuto del 65% dal 2002
a fine 2010 (fonte La Repubblica 21-1-2011), nettamente più
alto dell’inflazione reale. Se il referendum non fermerà
il decreto Ronchi, i comuni dovranno aprire il mercato dell’acqua
ai privati pur mantenendone la proprietà ma affidando alla
speculazione la gestione industriale della stessa.
L’acqua è un dono del cielo, se proveniente da Dio o da Giove
Pluvio decidete voi, ed è “un bene comune dell’umanità”
come ribadito dal Parlamento Europeo. Non permettiamo che qualcuno
se ne appropri con il consenso del mondo politico.
Antonio
Barcella
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