21
marzo 2012 – L’Aniene, un fiume ricco di storia, che attraversa
il nostro territorio prima di confluire nel Tevere. Ma cosa sappiamo
di lui oltre le cronache locali che raccontano di inquinamento,
miasmi e allagamenti? Per gli abitanti dei primi insediamenti lungo
l’alveo del fiume, compresi i romani, era una risorsa importante
e, proprio per questo, veniva rispettato come una sorta di dio:
intorno a lui sono nate tante leggende. Prima fra tutte quella che
le attribuisce il nome che, secondo lo scrittore Plutarco, derivò
dal re etrusco Anio affogato nelle sue acque nel tentativo di raggiungere
il rapitore della sua bella figlia Salea.
Il Teverone, così veniva chiamato dagli antichi popoli insediati
nella parte bassa delle sue rive, nasce sui monti Simbruini posti
sul confine tra Lazio e Abruzzo. La piovosità di questo territorio
e la natura della terra costituita prevalentemente da rocce calcaree
creano sorgenti perenni che alimentano il bacino dell'acqua. Scorre
nella provincia ciociara poi entra in quella di Roma all’altezza
del comune di Jenne. Nella prima parte del suo percorso si presenta
come un torrente con buche profonde poi, man mano che si scende
di quota, la pendenza diminuisce così come la velocità,
il suo letto si allarga ed aumenta la portata idrica.
La
costruzione del primo acquedotto risale al II secolo a.C. e, da
allora, l’Aniene ha rappresentato una fondamentale risorsa per gli
abitanti di Roma ed ha nutrito popoli e civiltà rilevanti
sorte lungo le sue sponde. L’abbondanza che aveva caratterizzato
il fiume nei secoli passati è ormai un ricordo: ai nostri
giorni possiamo solo costatare che ad alimentare il fiume è
rimasta un’unica sorgente, quella del Pertuso, motivo per il quale
la portata di questo corso d’acqua è notevolmente diminuita.
A meno che per affluenti non vogliamo considerare i numerosi scarichi
industriali e gli imponenti depuratori che, soprattutto nel Lazio,
riversano acque trattate (spesso sospette) nel fiume. È in
questo modo che il fiume cambia aspetto in modo repentino: l'acqua
limpida e cristallina del percorso abruzzese diventa melmosa e di
quel colore scuro che non ha bisogno di analisi per capire il suo
forte grado di inquinamento.
Una
volta era una risorsa: la sua forza era utilizzata per muovere le
pale dei mulini, era la linfa che dava refrigerio ai prodotti della
terra, le donne vi lavavano i panni e gli animali si dissetavano
con il prezioso liquido. Poi è stato abbandonato. Le persone
gli hanno voltato le spalle e, per l'Aniene, è iniziato il
lento e inesorabile degrado. Due automobili, un motorino, poltrone,
un frigorifero e una vasca da bagno sono solo alcuni degli oggetti
che i volontari hanno trovato nel corso di un’iniziativa ecologica
nel tratto finale del fiume a una decina di chilometri da Montesacro.
In precedenza erano state trovate teste di maiale e altri residui
industriali che la raccontano lunga di come vengono smaltiti questi
rifiuti speciali. Come non ricordare il recente ritrovamento, durante
gli scavi del cantiere delle complanari A24, di uno sversamento
di rifiuti inquinanti con forte presenza di cianuri, di cui abbiamo
dato notizia.
La depurazione è ancora insufficiente, per pulizia e controllo
siamo ancora alla preistoria, non si sa neppure chi se ne dovrebbe
occupare. Purtroppo nell’Aniene si riversano gli scarichi di un’utenza
di quasi un milione di persone e, nonostante la presenza di notevoli
impianti di trattamento delle acque, la depurazione è ancora
insufficiente. Occorre intervenire urgentemente per rivalutare un
fiume e un territorio ricco di paesaggi naturalistici di particolare
bellezza con una folta vegetazione e una fauna locale da salvaguardare.
Antonio
Barcella
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