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aprile 2012 – Il 30 dicembre 2011, la Provincia di Roma
ha concesso l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) alla BASF
Italia S.r.L, consentendole di continuare a bruciare sostanze tossiche
e nocive nel suo impianto alle porte di Roma, a ridosso di alcune
centinaia di abitazioni e un asilo.
Nel suo stabilimento “insalubre di prima classe” di Via di Salone
a Settecamini, a meno di 10Km dal centro di Roma, BASF (già
Engelhard Corporation) deposita e brucia dal 1956 circa 4 tonnellate
al giorno di rifiuti tossici e pericolosi (catalizzatori esausti)
provenienti da stabilimenti chimici di tutto il mondo, recuperando
e riciclando i metalli preziosi residui della combustione. Un business
molto interessante e remunerativo per la multinazionale, che però
non è più compatibile con la realtà ed i numeri
del territorio circostante. Inoltre, le acque reflue dei processi
chimici vengono versate nel fiume Aniene, affluente del Tevere,
anch’esso già ampiamente inquinato.
La zona di Settecamini, dove nel periodo 1986-2001 la mortalità
per tumori nell’uomo è stata superiore del 30% alla media
di Roma, ha visto crescere regolarmente negli ultimi 55 anni le
attività umane ed economiche. L’area conta oggi almeno 40.000
abitanti, tra residenti e lavoratori del vicino Polo Tecnologico
romano, e varie scuole, centri commerciali e sedi di industria terziaria
avanzata (principalmente servizi e ICT). Ad aggravare il quadro,
il Comune di Roma, nei primi anni 2000, ha autorizzato la costruzione
di 120 nuove abitazioni a soli 68 metri dallo stabilimento e altre
215, con un asilo nido, in un raggio di 200-400 metri, cioè
nella zona di maggiore ricaduta delle emissioni nocive dell’inceneritore.
L’incompatibilità
dello stabilimento e del suo inceneritore con un territorio così
densamente abitato imponevano una soluzione immediata: nel 2006
la Engelhard e l’allora Sindaco di Roma On. Veltroni sottoscrissero
dunque un protocollo
d’intesa per delocalizzare lo stabilimento. Tutto è precipitato
però nel 2007, quando BASF Italia SrL, dopo aver rilevato
la Engelhard, ha deciso di non rispettare quel protocollo.
Come spiegare la decisione del Sindaco di Roma di autorizzare case,
centri commerciali e asilo nido nelle immediate vicinanze dello
stabilimento? Prova a ricostruire gli eventi il locale Comitato
di Quartiere (CdQ), da almeno 10 anni in prima linea nella battaglia
ad armi impari contro gli interessi economici in gioco e l’incapacità
della politica di mediare tra le varie posizioni e venire a capo
di questa vicenda: per molti anni la Engelhard è stata descritta
come sede di innocui processi galvanici e denominata la “fabbrica
dell’oro”, come recita il titolo di un’inchiesta video in programmazione
la prossima settimana negli USA (Link TV) e Gran Bretagna (The Ecologist).
Nell’aprile 2004 l’ex Sindaco On. Veltroni, in un’intervista
televisiva affermava che “è stato immesso successivamente
[al 1998] un bruciatore di scappamenti delle macchine”. Invece,
il “bruciatore” [Inceneritore] non solo non era “di scappamenti
delle macchine” [marmitte catalitiche] ma esisteva già
dal 1956. Inoltre i Vigili del Fuoco di Roma in una lettera
alla Basf fanno riferimento a “carbone esausto delle marmitte
catalitiche” mentre è oggi chiaro che lo stabilimento tratta
principalmente dei ’catalizzatori esausti’: spazzatura velenosa
di aziende chimiche, petrolchimiche e farmaceutiche.
Il CdQ sottolinea come l’Autorizzazione Sanitaria concessa
su domanda della Engelhard nel 1996 non includa il trattamento
di rifiuti tossici, nocivi e pericolosi né la presenza dell’inceneritore.
Inoltre, dalla documentazione presentata dalla BASF per ottenere
l’AIA emerge che all’oggi lo stabilimento non possiede alcuni
requisiti fondamentali quali l’Autorizzazione Sanitaria per le Industrie
Insalubri ed il Certificato Prevenzione Incendi (CPI) fin dal 2006.
Nel 2009, acquisito il
parere del Sindaco di Roma e nonostante il parere
negativo espresso dall’autorità sanitaria, la Provincia
di Roma aveva concesso un’AIA
provvisoria per 2 anni al fine di effettuare un monitoraggio
stringente all’esterno dello stabilimento e dare alla BASF il tempo
di sperimentare e possibilmente adottare una nuova tecnologia ad
emissioni zero. In alternativa, l’inceneritore
sarebbe dovuto essere spostato, secondo il Sindaco, in un’area industriale
idonea, tutelando la salute dei cittadini e gli
interessi della stessa BASF e dei 34 dipendenti che lavorano all’inceneritore.
Niente di tutto ciò è avvenuto
e, trascorsi invano i due anni dell’autorizzazione provvisoria,
la Provincia ha concesso quella definitiva per altri 6 anni senza
il piano di monitoraggio delle ricadute nocive, predisposto
nel frattempo dall’Istituto Superiore di Sanità e rimasto
nei cassetti per mancanza di fondi. La tecnologia adottata
continua a essere l’incenerimento e, secondo i Cittadini, “il Sindaco
di Roma non solo non ha fatto concretamente alcun passo significativo
per convincere BASF a negoziare il trasferimento verso una zona
industriale che la Provincia di Roma si sarebbe offerta di identificare
rapidamente, ma continua
ad autorizzare la costruzione di nuove case nello stesso territorio”.
Burocrazia, responsabilità distribuite e la forza economica
di una potente multinazionale sono gli ingredienti che da anni costringono
gli abitanti di questo quartiere di Roma a vivere dubitando dell’aria
che respirano e col timore d’incidenti le cui conseguenze sarebbero
incalcolabili nel caso di effetto domino. Il comitato di quartiere
sottolinea come nella nuova
Autorizzazione la Provincia di Roma evidenzia senza mezzi termini
gravi inadempienze del Comune. La Provincia stessa,
però, ha autorizzato l’attività senza che fosse prima
accertata dal Comune di Roma la reale pericolosità delle
ricadute inquinanti sulla popolazione. Non sono stati valutati i
rischi legati al mancato rilascio del CPI dal 2006 e alla mancata
voltura dell’Autorizzazione Sanitaria per le industrie Insalubri.
La valutazione di questi rischi è di competenza del Sindaco
di Roma, dell’Autorità Sanitaria e dell’Agenzia Regionale
Protezione Ambiente (ARPA) del Lazio, tutti assenti alla
“Conferenza dei Servizi” in cui la Provincia di Roma, da
sola, ha deciso di rinnovare l’AIA. Di fronte a questi dubbi, sarebbe
prudente e sembrerebbe lecito annullare l’Autorizzazione.
Mentre le istituzioni si scaricano a vicenda le responsabilità
senza coordinarsi, e la BASF non mostra disponibilità alcuna
a sedersi intorno a un tavolo per parlare di delocalizzazione, i
Cittadini continuano a vivere e lavorare preoccupati nei pressi
dei camini dell’inceneritore.
Tra la miriade di dati, procedure burocratiche, interessi e ambiguità
di questa vicenda, resta una sola certezza: ormai qualche anno fa,
l’intervistatore di una popolare trasmissione televisiva chiedeva
al Direttore dello stabilimento di via di Salone: “Manderebbe i
suoi figli all’asilo nido qui vicino?” Risposta, senza titubanze:
“No.”
Coordinamento
del Comitato di Quartiere di Case Rosse
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