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Agosto 2012 – Da metà agosto
è scattato l’obbligo per i medici di famiglia di indicare sulla
ricetta il nome del principio attivo e non del farmaco di marca che
lo contiene. Questa nuova norma contenuta nel decreto di Spending
Review, che ha scatenato polemiche da parte di medici, delle aziende
farmaceutiche e dei consumatori, contempla però alcune eccezioni.
Ad esempio, il medico di famiglia potrà aggiungere, oltre alla
sostanza contenuta nel farmaco, anche il nome del medicinale commerciale
solo nel caso in cui sia specificata e motivata la “non sostituibilità”.
Per cercare di capire meglio cosa sta accadendo vogliamo dare voce
agli esperti del settore che attraverso i loro comunicati stampa tentano
di tranquillizzare l’utenza. Noi condividiamo nella sostanza la nuova
norma, che porterà un risparmio notevole sul bilancio dello
stato, ma riteniamo che l’applicazione poteva essere introdotta con
gradualità dando modo ai cittadini più anziani di assimilare
meglio questo sconvolgimento delle loro abitudini. Ricordiamo che
alcuni malati cronici arrivano a consumare durante la giornata più
di dieci farmaci differenti.
“Il farmaco equivalente è decollato grazie all’impegno
delle farmacie. – sostiene Federfarma in una dichiarazione alla
stampa - La sua stessa esistenza ha permesso al SSN di risparmiare;
risparmia anche il cittadino che assume il medicinale con prezzo di
riferimento e quindi non paga la quota di compartecipazione. Di questo
è convinta anche la V Commissione Bilancio del Senato che ha
approvato un emendamento finalizzato a favorire l’inizio di una terapia
con una prescrizione medica per principio attivo, svincolata quindi
da qualsiasi riferimento ad un marchio (sia che si tratti di un generico,
sia che si tratti del farmaco originario). Con questa norma il cittadino
continuerà a trovare facilmente il farmaco nella farmacia sotto
casa e continuerà ad essere assistito nella scelta dal suo
farmacista.”
Il Ministero della Salute chiarisce meglio la nuova norma attraverso
un comunicato che riportiamo in maniera integrale. “Sulla base
delle disposizioni contenute nel decreto legge n° 95/2012 in corso
di conversione, per la prima volta nella nostra legislazione si parla
esplicitamente della prescrizione di un farmaco mediante anche l’indicazione
del ‘principio attivo’. Una volta entrato in vigore
il provvedimento, sulla ricetta rossa, cioè quella dove sono
prescritti i farmaci erogati dal Servizio sanitario nazionale, dovrà
comparire il nome del principio attivo, cioè il nome della
sostanza, contenuta nel farmaco, che possiede proprietà terapeutiche.
Questo è già sufficiente perché la ricetta sia
valida. Il cittadino con questa ricetta si reca in farmacia e il
farmacista gli consegna il farmaco dal prezzo più basso contenente
quel principio attivo. La norma prevede anche che il medico
“ha facoltà” di aggiungere, oltre al principio attivo, anche
il nome commerciale di un farmaco, specificando sulla ricetta che
esso è “non sostituibile”, ma in tal caso deve giustificare
la non sostituibilità con una sintetica motivazione scritta.
Per esempio può scrivere che il farmaco equivalente deve essere
quello prodotto da quella azienda e non da un’altra, perché
esso non contiene un eccipiente al quale il paziente in oggetto è
allergico. In questo caso il farmacista deve consegnare il prodotto
indicato dal medico nella ricetta. Queste disposizioni non riguardano
le terapie croniche già in corso. Infatti il legislatore ha
evitato di introdurre una normativa che potesse provocare possibili,
sebbene rari, inconvenienti, nel corso di una terapia, a causa del
passaggio da un medicinale all’altro, sia pur di uguale composizione.
Resta ferma la possibilità per il paziente, già prevista
dal decreto 'Cresci Italia' dello scorso gennaio (articolo 11 comma
12 del testo convertito dalle Camere) di richiedere al farmacista
un medicinale, sia equivalente che di marca, con lo stesso principio
attivo ma con un costo più alto, pagando a proprie spese la
differenza di prezzo rispetto al farmaco meno costoso. Quando al paziente
è consegnato il farmaco avente il costo più alto di
quello ammesso al rimborso (o perché il medico ha usato la
clausola di non sostituibilità, o perché è il
paziente a pretendere dal farmacista un medicinale più costoso)
la differenza fra i due prezzi è a carico del cliente. I medici
conoscono correttamente i principi attivi dei prodotti farmaceutici.
In ogni caso nelle liste pubblicate dall’Aifa i prodotti sono già
raggruppati anche per principio attivo.”
Antonio
Barcella
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