Antipolitica, populismo o difesa a oltranza dei diritti della Casta?

30 Agosto 2012 – Spesso in questi giorni sentiamo parlare di antipolitica come di un pericolo latente in grado di minare e abbattere le Istituzioni. Ma le cose stanno proprio così o nella gente c’è una voglia di cambiamento e di partecipazione che fa paura a chi gestisce il potere per i propri interessi personali? Proprio coloro che tentano di esorcizzare questo “anatema” sono i principali responsabili di un conservatorismo che allontana sempre di più i cittadini da questo modo di gestire la cosa pubblica.
Uno dei punti che il popolo non riesce a digerire è il mancato intervento della scure governativa sui diritti della Casta e sui costi della politica. La maggior parte dei parlamentari non ha ancora capito che è finito per TUTTI il periodo di opulenza in cui si viveva al di sopra delle nostre possibilità. Questo il popolo lo ha compreso da tempo mentre la politica ha alzato un muro per difendere appannaggi che fanno arrossire il Presidente degli Stati Uniti d’America o privilegi che non sono consentiti neanche alla regina Elisabetta d’Inghilterra. Per gli stessi motivi, con una borghesia arricchita e un popolo affamato, durante la rivoluzione Francese sono cadute molte teste nobiliari. Rimaniamo stupefatti quando apprendiamo di fondi segreti ai partiti che non devono essere giustificati perché la legge non lo permette, restiamo sconcertati quando leggiamo della maxi mancia ai consiglieri della regione Lazio, ci disgustiamo leggendo che l’ex sottosegretario ai rapporti con il Parlamento, percepisce una pensione annua di 519.000 euro, ci si rivolta lo stomaco quando veniamo a sapere che un sottosegretario qualunque guadagna quasi quattro volte di più del Presidente americano Barak Obama .
Che fine hanno fatto i tagli agli stipendi dei rappresentanti politici, la paventata riduzione del numero dei parlamentari, il calo degli scandalosi rimborsi elettorali, la diminuzione dell’occupazione politico-amministrativa del paese da parte dei partiti?
In queste condizioni non è il cittadino che si sta allontanando dalla politica ma è un’intera classe governativa a non essere più rappresentativa dei problemi della gente. Guardiamo con sospetto all’ostinazione dei partiti nel difendere una legge elettorale che non permette al cittadino di scegliere i propri rappresentanti. Dal nostro punto di vista il parlamento sta difendendo i dinosauri della politica che non hanno il coraggio di affrontare le scelte delle urne. Sono le stesse persone che hanno portato questo Stato ad una crisi economica di difficile soluzione attraverso sperperi e incapacità cronica. Ora se non crediamo che questa stessa dirigenza possa trovare uno sbocco alla crisi veniamo additati all’insegna dell’antipolitica o del populismo.
Per concludere, è proprio questo modo di fare politica che alimenta movimenti di protesta e di contrapposizione a chi non riesce più ad aggregare l’elettorato su ideologie che sono diventate solo propaganda. Il cittadino, osservando questa classe dirigenziale arroccata nel proprio fortino, vuole dare un segnale forte di discontinuità che si consolida nell’astensionismo o in opposizione a questo modo anacronistico di gestire la cosa pubblica. “Una protesta che va capita e risolta e non ghettizzata…” come ha sostenuto l’on. Di Pietro.
Nessun partito, in questo momento, è dotato di un progetto politico-culturale innovativo in grado di rimuovere la frattura che si è creata tra l’opinione pubblica e chi vuole amministrare questo paese. Le “ammucchiate” servono solo a trincerarsi a difesa dei propri interessi ma si corre il rischio di essere spazzati via da chi, a proprie spese, sta vivendo l’incubo della crisi. Il peggioramento sociale si farà avvertire pesantemente nel prossimo autunno e aumenterà il divario tra popolo e istituzioni conducendolo ad una frattura difficilmente risanabile.

Antonio Barcella
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