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settembre 2012 – Abbiamo ottenuto una
intervista esclusiva da parte del Presidente del V Municipio Ivano
Caradonna sulla sua terza ed ultima Consiliatura in questo quadrante
di Roma. Dieci domande “graffianti” alle quali il Presidente non si
è sottratto mostrando, come sempre, un’ampia disponibilità.
Una mozione di sfiducia presentata dall’opposizione l’attende
alla ripresa dei lavori. Una terza consiliatura sotto la sua Presidenza
contrassegnata da liti e contrapposizioni politiche che hanno rallentato
i provvedimenti necessari per la “governance” del territorio. Quanto
ha influito in questo quadro quello che in più occasioni abbiamo
battezzato il “peccato originale”, ossia il cambio di partito dal
PD a API dopo la sua elezione a mini-sindaco?
Riguardo la mozione di sfiducia, ritengo che possa rappresentare un
atto volto a chiarire il quadro politico del V Municipio, che arriva
comunque forse anche in ritardo rispetto al diritto che ha un'opposizione
di verificare se ci sia o meno una maggioranza di governo. Mi auguro
che la stessa maggioranza politica ritrovi uno spirito unitario soprattutto
in previsione delle prossime elezioni politico-amministrative. È
evidente, poi, che i problemi riscontrati non a seguito del mio passaggio
all'Api bensì dall'inizio dell'ultima consiliatura, nascano
da una evidente involuzione del quadro politico locale e nazionale
che ha determinato nuovi equilibri interni ed esterni ai partiti,
una stagione buia che spero che le forze politiche del centrosinistra
sappiano gettarsi alle spalle. In questo, la posizione di Alleanza
per l'Italia per Roma Capitale e per i suoi Municipi è sempre
stata quella di mantenere la barra dritta all'interno del centrosinistra
e soprattutto nell'opposizione al Sindaco Alemanno e alla sua giunta.
Ancor di più oggi, nella difficile costruzione di un'alternativa
credibile e forte agli occhi dei cittadini per restituire a questa
città dignità e una possibilità di riscatto.
Durante questo quadriennio l’opposizione ha lentamente occupato
posti strategici come la Presidenza del Consiglio e molte Presidenze
delle Commissioni Consiliari. Non sarebbe stato il caso di prendere
atto che la maggioranza voluta dagli elettori si era dissolta e rassegnare
le dimissioni?
Rassegnare le dimissioni da Presidente, legittimamente eletto dai
cittadini per consegnare il Municipio al Commissariamento? Forse sarebbe
stato più responsabile impedire quello che è accaduto,
proprio in difesa della volontà e delle libere scelte dei cittadini
stessi.
A nostro parere le prime due consiliature da lei presiedute
sono state positive mentre la terza ha incontrato molti ostacoli politici
che ne hanno rallentato l’efficienza. Quanto ha pesato su questo punto
il cambio di maggioranza in Campidoglio visto che la Giunta Alemanno
non ha mai guardato di buon occhio le presidenze “rosse” ?
Mi sembra evidente la differenza tra il poter governare un territorio
così complesso come quello della Tiburtina avendo affianco
il Campidoglio, come avvenuto nelle precedenti consiliature, dall'avvio
nel '93 con la prima giunta Rutelli di una vera e propria nuova stagione
della città stessa, altra cosa è stata dover lavorare
contro corrente, contro un Sindaco, Alemanno, e una giunta che nulla
hanno fatto, tranne che destrutturare tutti quei programmi e progetti
che avevano, seppur nei limiti delle opzioni politiche degli anni
passati, tracciato un percorso che avrebbe consentito a chi stava
governando Roma e i Municipi tutti, a prescindere dai colori politici,
di poter lavorare per la città. Quando approvammo il nuovo
Piano Regolatore per la città grazie al lavoro straordinario
dell'Assessore all'Urbanistica Morassut, ad esempio, riuscimmo a dare
al territorio da me amministrato l'idea di non doversi più
sentire una periferia romana. Le scelte che oggi agonizzano, come
la stazione Tiburtina, quello che doveva essere il Campus universitario
nello Sdo di Pietralata, il Print, lo Sdo del Tiburtino, la politica
infrastrutturale, come il prolungamento della B della metro, l'articolo
11 della 493 di San Basilio, le nuove centralità, sono del
tutto snaturate e mortificate da una non idea di sviluppo della città
rappresentata da Alemanno e dalla sua squadra.
Lasciamo da parte la politica e rivolgiamo lo sguardo ai problemi
del territorio che sono quelli che maggiormente interessano i nostri
lettori. Iniziamo dal famigerato problema dei miasmi del Depuratore
Roma Est. Le azioni che le riconosciamo su questo punto sono sembrate
quasi atti dovuti che non sono riusciti ad occultare la sensazione
di scetticismo per una questione complessa e di difficile soluzione.
Ritiene di aver fornito tutto il sostegno possibile alle associazioni
territoriali che stanno lottando per mettere fine a un problema che
dura da quasi quarant’anni?
Partirei dalle competenze e responsabilità, che devono anzitutto
essere chiare quando si affrontano questioni delicate di natura sovramunicipale,
come in questo caso, dove si incontrano quelle tra chi governa la
città e chi offre un servizio, come l'Acea, che ha sottoscritto
un contratto con il Comune di Roma, sul quale i Municipi non sono
chiamati neppure ad esprimere un parere. Detto questo, rimane il mio
evidente interessamento alla questione, attraverso incontri e solleciti,
in particolare con l'Assessore di riferimento Fabrizio Ghera, al quale
spetta il compito di imporre all'Acea il rispetto dei vincoli presenti
nel contratto, a cominciare dal garantire la qualità del servizio
erogato. Proprio in queste ore, comunque, abbiamo preso un'iniziativa
con Acea, a seguito delle segnalazioni giunte a questa Presidenza
da parte dei cittadini, della presenza di un traffico di autobotti
che trasportano materiali pericolosi verso il Depuratore stesso, affinchè
produca al più presto il nuovo documento che attesti l’impatto
ambientale per i lavori di ampliamento dell’impianto eseguiti alla
fine del 2009.
Cittadini inondati dai fumi tossici, ruberie di metalli, situazioni
esplosive nel campo sovraffollato di via Salviati, situazione sanitaria
e servizi ai limiti della vivibilità nel campo nomadi “tollerato”,
nuovi micro-insediamenti rom sparsi sul territorio. Un’integrazione
ben lungi da venire se non aiutata da provvedimenti costruttivi e
un’emergenza da affrontare con ben altro impegno. I suoi tavoli di
lavoro per fare fronte all’urgenza sono risultati poco concreti e
bocciati dai residenti, con il pericolo che si diffonda il germe del
razzismo e dell’intolleranza. Cosa si poteva fare di più e
come intende agire per il futuro?
Bisogna chiamare il Campidoglio ad assumersi le responsabilità.
Noi come Municipio insieme ai residenti abbiamo sperimentato anche
dei tavoli di confronto dove, nonostante gli inviti, sono risultati
grandi assenti i referenti del Campidoglio, a partitre dall'Assessore
Sveva Belviso, proprio per affrontare anche con una certa urgenza
le carenze che emergono dal piano nomadi stesso voluto dalla giunta
Alemanno. La questione a Roma è sempre più delicata,
crescono le difficoltà a livello igioenico-sanitario, manca
del tutto una vera politica di integrazione che possa evitare il diffondersi
di quello che giustamente si definisce germe del razzismo e dell'intolleranza.
Il tavolo di coordinamento succitato che vedrà presente finalmente
l'Assessorato alle Politiche sociali di Roma Capitale, convocato da
questa Presidenza qui in Municipio il prossimo 11 settembre rappresenta
l'unico strumento messo in campo per affronatre e monitorare i problemi
ai quali si fa riferimento, un metodo che fa discutere cittadini e
amministratori dei problemi, a fronte di chi ha cercato di speculare
sulla pelle degli abitanti e dei nomadi di via Salviati, promuovendo
manifestazioni scellerate con il rischio di acuire ulteriormente la
delicata condizione di convivenza.
Strade e marciapiedi dei quartieri del tiburtino sono un vero
disastro e contemporaneamente si gettano dalla finestra soldi pubblici
per la costruzione della Ciclopedonale di viale Bardanzellu. Un’opera
senza senso e rimasta incompiuta dopo le rimostranze dei cittadini.
Abbiamo voluto portare questo esempio come emblema rappresentativo
di tante altre iniziative non condivise dai residenti e additate come
“sprechi”. Come può la politica colmare la distanza che la
separa da un’opinione pubblica ostile che è oberata dal pagamento
di tributi ormai insostenibili e non digerisce questi “sperperi”?
La politica del confronto e della condivisione è stata la linea
portante del mio lavoro e di quello della maggioranza che mi ha sostenuto
dal 2001 in poi. Basta vedere l'ampiezza del dialogo e del dibattito
sulle grandi e sulle piccole questioni, come il PRG di Roma, per il
quale sono state raccolte numerose osservazioni dei cittadini, dei
comitati e delle associazioni. Così come il Piano Regolatore
sociale che ha visto nel tempo una forte collaborazione tra amministratori
e soggetti coinvolti, come privato sociale, terzo settore, volontariato.
È indubbio che, con l'avvento nel governo cittadino della giunta
Alemanno, che di tutto si occupa tranne che di partecipazione dei
cittadini e ancora di meno dei Municipi, vi sia stata una evidente
inversione di tendenza, sino ad arrivare, tanto per fare un esempio,
ad inaugurare piccoli tratti di viabilità a ridosso dell'attuale
sede del Municipio, senza che il Municipio stesso ne fosse informato.
Il corridoio della pista ciclopedonale, pur rappresentando strategicamente
un'opera importante, ha avuto la stessa gestazione, quella di un progetto
assessorile, dipartimentale, nei confronti del quale il Municipio
si è posto immediatamente al fianco dei cittadini, chiedendo
e sostendendo quelle modifiche che potessero ridurre i danni di un
progetto non condiviso.
Anche tra la sua giunta ci sono esempi della piaga dei “doppi
incarichi”. Meglio di una poltrona c'è solo una doppia poltrona,
magari con annesso raddoppio dell'indennità e dei privilegi.
Premesso che la legge lo consente e i politici che ne approfittano
sono diversi in tutta Italia, le chiediamo: non pensa che un assessore
con doppio incarico renda la metà in termini di efficienza
e di efficacia per l’amministrazione del Municipio, spesso non rispondendo
alle richieste o “dimenticando” gli impegni presi?
Tante volte il tema non è quello del doppio incarico, quanto
piuttosto quello della propensione o meno al lavoro e all'abnegazione
verso l'impegno preso. Mi sembra eccessivo, per un incarico municipale,
parlare di privilegi. Ci sono piuttosto quotidiane incombenze e rersponsabilità,
i privilegi forse spettano, ingiustamente, a chi ricopre poltrone
più prestigiose, penso ad alcuni politici del Parlamento, ad
esempio, dove le condizioni di lavoro spesso sono meno pressanti.
Rispetto al lavoro prodotto dalla mia giunta, come Presidente, esprimo
certamente un giudizio soddisfacente e positivo.
Leggi
la seconda parte dell'intervista
Antonio
Barcella
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