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febbraio 2013 – "Da parte di chi oggi si candida
a governare il Paese ci aspettiamo un impegno forte e chiaro a portare
nelle aule parlamentari provvedimenti legislativi che introducano
nel nostro ordinamento la tutela del suolo - dichiara il presidente
di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza a commento dei dati divulgati
oggi dall’ISPRA sul consumo di suolo - a partire dal ‘ddl Salvasuoli’,
proposto dal governo in autunno e approvato anche da regioni e enti
locali in sede di conferenza unificata, nonché dalla nostra
proposta di legge sulla bellezza che introduce misure di tutela del
territorio, di rilancio delle città e di lotta all'abusivismo
edilizio".
I dati sul consumo di suolo in Italia e in Europa divulgati oggi dall’ISPRA
confermano il quadro di conoscenze su una materia che fino a pochi
anni fa, prima che Legambiente lo denunciasse come grave emergenza
ambientale, non era nemmeno considerata un problema. Il consumo di
suolo è entrato anche nel vocabolario della politica, ma finora
alle parole non hanno fatto seguito fatti concreti. E le analisi scientifiche
su area vasta devono ora fare spazio a rilievi su una scala più
adeguata a incidere sulle cause del degrado, che avviene a livello
di decisioni urbanistiche prese da migliaia di comuni che non rinunciano
ad utilizzare un bene comune qual è il suolo come generatore
di rendite private e di entrate improprie attraverso l'uso perverso
delle entrate da oneri.
A ciò si aggiunge il fatto che continua a mancare in Italia,
come in gran parte degli altri Paesi europei, una legislazione che
tuteli il suolo, riconoscendone il carattere di bene comune, come
tale risorsa fondamentale per il benessere dell'intera comunità
nazionale.
"L'Italia
e l'Europa dal dopoguerra a oggi hanno consumato suolo svuotando le
città di residenze e servizi per spargerli nella campagna -
aggiunge Damiano Di Simine, responsabile per Legambiente del Centro
di Ricerca sui Consumi di Suolo, costituito da Legambiente con INU
e Politecnico di Milano - un paradosso, reso possibile dall'accesso
generalizzato all'auto di proprietà, che però oggi si
rivela con tutti i limiti e i costi ambientali, energetici ed economici
dello sprawl insediativo e della congestione da traffico. Per fermare
il consumo di suolo dobbiamo tornare ad investire sulle città,
anziché assecondare, come si è fatto per decenni, la
rendita speculativa delle espansioni urbane. E' questo il nuovo e
positivo paradosso contemporaneo: per fermare il consumo di suolo
dobbiamo riscoprire la nostra passione per la bellezza delle città
come luogo di vita, oltre che di relazione, di lavoro e di produzione
culturale. Ma ciò non sarà possibile fino a che non
disporremo di norme che scoraggino efficacemente le speculazioni su
terreni liberi".
La lotta al consumo di suolo non è una battaglia per la conservazione
fine a se stessa, ma si regge su pilastri che hanno molto a che fare
con le prospettive post-crisi di un Paese come l'Italia, che deve
far coesistere una altissima densità di popolazione con il
mantenimento delle sue risorse più strategiche: il suolo agricolo
da cui dipende la produzione agroalimentare, le foreste da cui dipendono
innumerevoli prestazioni ambientali e di sicurezza idrogeologica,
il paesaggio come potente fattore di attrattività, la bellezza
delle sue città e dei suoi borghi, che dipende molto dalla
capacità di sviluppare politiche urbane e investimenti in edilizia
e servizi che prevengano la dispersione insediativa. E quest'ultimo
è l'aspetto più complesso e stimolante.
L’ufficio
stampa Legambiente