20
febbraio 2013 – «Violazioni
sistematiche dei diritti dell’infanzia all’interno di un Piano
Nomadi aggressivo e violento»: sono questi i risultati
contenuti nel rapporto “Rom(a) Underground. Libro bianco sulla condizione
dell’infanzia rom a Roma” presentato ieri dall’Associazione 21 luglio.
Il rapporto, prendendo in considerazione il periodo temporale compreso
tra il 2009 e il 2012, ha voluto verificare quanto il Piano Nomadi
dell’ultima Amministrazione comunale abbia rispettato, nella tutela
dei diritti dell’infanzia, il principio di uguaglianza tra i minori
rom e i minori non rom.
Nella
Capitale, dopo più di tre anni segnati da sgomberi, trasferimenti
forzati e concentrazione delle comunità rom in mega campi monoetnici,
sono circa 3.900 i minori rom in emergenza abitativa e residenti in
«villaggi attrezzati», “campi tollerati”, centri di raccolta
e insediamenti informali. «Le politiche abitative rivolte ai
rom – scrivono i ricercatori dell’Associazione 21 luglio – differenti
rispetto a quelle adottate per il resto della popolazione, sono la
testimonianza di come questi ultimi continuino ad essere percepiti
dalle istituzioni come “nomadi”, come un popolo omogeneo inadatto
alla vita stanziale, culturalmente disposto a vivere al di sotto degli
standard minimi di vivibilità e in una condizione di perenne
sospensione dei diritti fondamentali».
Un
forte impatto sulla salute psico-fisica dei minori rom è stato
provocato dalle azioni degli sgomberi forzati, quasi 500 negli ultimi
36 mesi. Azioni di sgombero e sospensione del diritto all’alloggio
hanno avuto notevoli conseguenze sulla fruizione del diritto all’istruzione
e del diritto alla salute. Gli insediamenti romani, formali e informali,
visitati dai ricercatori dell’Associazione 21 luglio, si configurano
come spazi degradati, isolati e sovraffollati. E’
stato inoltre rilevato come nei “campi nomadi” le condizioni di vita,
talvolta estreme, non tutelino, ma anzi aggravino, la fragilità
dei minori disabili e siano in alcuni casi corresponsabili
dei decessi prematuri. Rilevati in diversi ambiti i sintomi
riconducibili alle cosiddette “patologie da ghetto”: problemi respiratori,
dermatiti, insonnia, attacchi di panico, stati depressivi e ansiogeni.
La voce
dei bambini risuona nel rapporto in maniera spesso drammatica. «Attraverso
le loro parole – scrive nella prefazione del Libro bianco, Vincenzo
Spadafora, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza
– capiamo che cosa implica essere spostati in campi attrezzati fuori
dal Grande Raccordo Anulare, essere accompagnati a scuola in un “pulmino
speciale”, non avere spazi e tempi per giocare con i compagni non
rom e quale sia l’impatto della vita nei campi attrezzati sulla loro
salute fisica e psicologica».
Per
un bambino rom, nascere oggi a Roma significa avere una vita segnata
all’origine e avere molte più probabilità rispetto a
un bambino non rom di nascere sottopeso, di ammalarsi, di sviluppare
forme di malessere psicologico, di avere una speranza di vita più
bassa, di essere escluso dall’ambiente scolastico, di non poter frequentare
l’Università, di essere allontanato dalla propria famiglia
di origine, di vivere, in assenza o a parità di reato, l’esperienza
carceraria.
Secondo
l’Associazione 21 luglio, dai risultati del rapporto si evince come
in nessuna azione del Piano Nomadi di Roma sia stata declinata la
parola "diritti dell’infanzia" e come le stesse «hanno
compromesso il presente dei giovani rom, limitato il loro potenziale
di autodeterminazione e rischiato di creare un’intera generazione
di persone presenti a Roma sin dalla nascita, ma escluse dalla società,
dal mondo della scuola e del lavoro e dalla cittadinanza».
Comunicato
stampa dell'Associazione 21 luglio