28
marzo 2013
Troppe morti ai pronto soccorso, la lettera dei primari:
«Ecco le nostre proposte»
Egregio
Commissario,
le scriviamo oggi sapendo che sicuramente nei prossimi giorni
dirà che uno dei primi settori in cui è intenzionato
ad intervenire è costituito dai servizi di emergenza.
Ce lo aspettiamo perché a questo tipo di promesse non
si è sottratto nessun Presidente, né Assessore
o Commissario, figuriamoci poi i Direttori Generali!! Tutti
lo hanno detto, ma abbiamo l’impressione che poi abbiano fatto
poco, se non nulla. Ovviamente la nostra speranza è che
stavolta sia diverso ed alle parole seguano i fatti.
Tra tante situazioni difficili della sanità regionale
quello che più di frequente finisce sotto i riflettori
è il sistema di emergenza ed in particolare lo stato
dei PS. Questo accade perché su questi servizi finiscono
per scaricarsi le difficoltà dell’intero sistema, sia
quelle di un territorio spesso povero di risorse che non riesce
ad intercettare e gestire i bisogni della popolazione, sia quelle
di Ospedali in difficoltà per una gestione ottusa del
blocco del turn over del personale e comunque spesso inefficienti.
Da parecchi anni il buon funzionamento degli ospedali non sembra
importare più di tanto agli amministratori regionali
che misurano i meriti di quelli che hanno messo a dirigere le
Aziende Sanitarie su altri criteri, non sempre confessabili.
Il sovraffollamento dei Pronto Soccorso è un fenomeno
ben conosciuto e studiato in tutto il mondo occidentale, e riconosce
2 cause principali: elevato numero degli accessi e stazionamento
dei pazienti in attesa di ricovero.
Negli ultimi anni la Regione ha deciso di dedicarsi solamente
al primo aspetto, l’iperafflusso, ed in particolare al tema
dei Codici Bianchi, affrontato con misure estemporanee che si
sono mostrate poco efficaci e molto costose. Ma era il problema
meno importante. Ben diverso è il disagio creato dallo
stazionamento dei pazienti in attesa di ricovero per giorni
ed il conseguente blocco delle ambulanze presso i Pronto Soccorso.
L’immagine delle ambulanze bloccate e dei pazienti che aspettano
per giorni un letto, rappresentano qualcosa di inaccettabile
che offende i cittadini del Lazio ed in primo luogo proprio
quanti nel nostro Servizio Sanitario Regionale mettono impegno
e dedizione. E ad aspettare più a lungo sono i soggetti
più fragili, a partire da quelli con oltre 75 anni. I
Pronto Soccorso, destinati a gestire le situazioni di improvviso
bisogno di salute che si determinano nella città, finiscono
per essere veri e propri Reparti di Degenza, in spazi del tutto
inadatti e senza risorse destinate a questa funzione, e così
si rischia di finire ad assistere male chi staziona per giorni
e non riuscire a garantire l’ efficienza necessaria nelle situazioni
di urgenza ed emergenza.
Trattenere per tanti giorni in barella pazienti anziani e fragili
ha risvolti etici e di tutela della privacy, rappresenta un
pericolo ulteriore per la loro salute e determina in pazienti
e parenti un crollo della fiducia nella struttura sanitaria
pubblica, in chi ci lavora e in ultima analisi nell’istituzione
regionale.
Varie sono le cause di questa situazione, c’è una distribuzione
dei Posti Letto disomogenea nella regione ed una scarsa efficienza
delle strutture di ricovero con tempi di degenza più
lunghi che nel resto d’Italia, ma non si deve sottovalutare
la carenza di strutture per soggetti non autosufficienti, che
nel Lazio sono poco più del 10% di quelli della Lombardia.
In carenza di queste l’Ospedale finisce per essere la soluzione,
costosissima ed inappropriata, ai problemi dei soggetti fragili,
ed in particolare degli anziani privi di un adeguato supporto
familiare. E così nei reparti di Medicina una percentuale
molto elevata di pazienti staziona più per difficoltà
legate alle condizioni sociali, povertà e solitudine,
che a quelle di salute. Peraltro anche i Reparti di Lungodegenza
e Riabilitazione sono nella nostra regione mal utilizzati, visto
che la degenza media dei pazienti in questi reparti è
dal 30 al 40% maggiore che nel resto del paese. Allora quel
che serve è qualcosa che la programmazione regionale
prevede e che ancora non è stato realizzato e cioè
strutture di residenzialità protetta per soggetti fragili,
in cui sia garantita assistenza anche sanitaria, ma non con
l’intensità, i costi e le caratteristiche tipiche dell’Ospedale
per acuti. Fermo restando la necessità che anche nella
nostra regione l’assistenza domiciliare divenga una realtà
e sia largamente ripensato il ruolo della rete dei medici di
medicina generale.
Non vi è dubbio comunque che molti problemi siano legati
a come gli Ospedali funzionano: esistono regole, anche nella
normativa regionale, chiare che sarebbero spesso risolutive
se chi dirige le aziende decidesse di farle rispettare. Purtroppo
non ci risultano casi di Direttori rimossi per non aver risolto
il problema delle barelle in Pronto Soccorso, quando erano in
condizioni di farlo.
Alcune cose sono fattibili da subito e senza eccessivi costi:
1. distribuire l’accesso in Ambulanza, quello che comporta il
maggior numero di ricoveri, in modo più razionale tenendo
conto della capacità recettiva delle strutture. In questo
un aiuto deve venire dall’utilizzo dei sistemi informativi esistenti
e non usati: qualsiasi cittadino può sapere in ogni momento
qual’è la situazione degli Ospedali di Milano o quanti
pazienti ci siano in attesa in un Ospedale della Liguria, mentre
neppure il 118 del Lazio riesce a sapere cosa accade negli ospedali
della regione.
2. stabilire di quanti posti letto ha bisogno ogni Pronto Soccorso,
sulla base degli accessi, e definire quali siano le Case di
Cura Accreditate in cui inviare i pazienti che eccedono la capacità
di ricovero della struttura.
3. sbloccare i concorsi per i servizi di Emergenza: spesso non
è un problema di numero di operatori, ma di volatilità
dei loro rapporti di lavoro ed è impossibile avere équipes
competenti ed esperte se oggi quasi la metà dei Medici
di PS è precaria. Eppure un Pronto Soccorso che funziona
bene è anche un efficace strumento di contenimento delle
spese attraverso la riduzione dei ricoveri. Allora fare subito
i concorsi per avere situazioni stabili. Si può anche
ipotizzare, per la difficile situazione economica, di dilazionarne
gli effetti economici, ma è necessario che questi professionisti
sappiano al più presto cosa fare e dove lo faranno nei
prossimi anni!
4. creazione di filiere acuti post-acuti, individuando strutture
a bassa intensità di cure, e quindi poco costose, dove
far terminare la degenza in sicurezza ai pz dimessi precocemente
dai reparti per acuti; in questo modo sarà possibile
con meno letti ricoverare più pazienti.
5. adeguamento del numero dei letti di RSA agli standard raggiunti
in altre regioni visto che attualmente sono oltre 62000 in Lombardia
contro i 7000 del Lazio.
6. il Sistema di Emergenza, e le reti di specialità in
particolare, hanno bisogno di una costante attività di
monitoraggio ed anche di intervento immediato. Per questo è
necessario riattivare la Commissione Regionale per l’Emergenza,
prevista dalla normativa vigente, rendendola più efficiente
e meno pletorica, e creare una struttura, leggera, di intervento
rapido capace di risolvere le situazioni di difficoltà
nel funzionamento delle reti, difficoltà che nelle attività
di emergenza non fanno differenza tra notte e giorno o fra feriali
e festivi.
7. Come previsto dal recente accordo Stato-Regioni, si deve
poter esseri inseriti dal Pronto Soccorso in Percorsi Clinico
Assistenziali predefiniti, con l’utilizzo di servizi ospedalieri
e territoriali, senza lasciare al paziente l’onere di doversi
cercare da solo il dove ed il quando eseguire un esame o una
visita. Avere la possibilità di concordare col paziente
un percorso appropriato, certo, sicuro, è lo strumento
per garantire al paziente ciò che realmente gli serve
evitando ricoveri ingiustificati.
Quel che c’è da capire è che in una situazione
di ridisegno del Sistema Sanitario Regionale, reso comunque
necessario dal grave deficit che si è accumulato, che
comporterà chiusure e tagli con la prospettiva di trovare
magari un nuovo equilibrio tra mesi o anni, le maggiori difficoltà
finiscono per scaricarsi sul sistema dei Pronto Soccorso, cioè
quella parte della sanità che comunque c’è, e
ad ogni ora di ogni giorno in qualche modo garantisce risposte.
La garanzia che ci sia veramente l’impegno di tutti lo dobbiamo
a quei pazienti che aspettano ore in barella o vengono visitati
su una poltrona, ma anche a quegli operatori (Ausiliari, Infermieri,
Medici) che in tanti Pronto Soccorso lavorano in condizione
di grande disagio, ma con impegno e dedizione.
Per discutere di questi temi chiediamo un sollecito incontro
a Lei ed a quanti collaboreranno nella gestione della Sanità
regionale.
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