15
maggio 2013 – La Polizia di Stato ha adottato misure
cautelari nei confronti di F.M. di anni 63 e M.R.C. di anni 57, rispettivamente
coordinatrice scolastica e insegnate della scuola dell’infanzia denominata
“San Romano” sita in Roma, nell’omonima via al civico 92, per i reati
di maltrattamenti e percosse in danno di minori. Le indagini sono
state coordinate dal Sostituto Procuratore Eugenio Albamonte, dirette
dal Dirigente del Commissariato di Pubblica Sicurezza “San Basilio”
e condotte dagli Ufficiali e Agenti di Polizia Giudiziaria della Squadra
di P.G. Esterna del medesimo Ufficio di Polizia. L’indagine da parte
degli investigatori ha preso il via in seguito alla segnalazione proveniente
da persone gravitanti all’interno dell’ambiente scolastico nonché
da alcuni genitori che riferivano di presunti maltrattamenti e vessazioni
posti in essere da una maestra e commessi in danno di alcuni alunni
bambini di età inferiore ai quattro anni. Dai primi accertamenti
risultava altresì, che la direttrice della scuola, sarebbe
stata a conoscenza della condotta illecita dell’insegnante, omettendo
di prendere gli opportuni provvedimenti, in violazione dei suoi poteri-doveri
di vigilanza e controllo, al fine di salvaguardare il buon nome dell’istituto
“San Romano”.
In seguito a questa preliminare attività d’indagine il Sostituto
Procuratore titolare dell’inchiesta, dopo aver ascoltato le dichiarazioni
dei potenziali testimoni, al fine di acquisire ulteriori elementi
probatori, disponeva un’attività d’indagine tecnica che effettivamente
forniva riscontri oggettivi circa i gravi indizi di colpevolezza già
evidenziatisi, in particolare, a carico della F.M. Gli investigatori,
durante tale fase, accertavano la commissione di numerosi
comportamenti violenti, vessatori, offensivi e mortificanti della
dignità dei bambini affidati ad essa durante l’orario
scolastico. Particolare menzione merita l’episodio nel quale un bambino
colpevole di essersi fatto la pipì nei pantaloni, veniva costretto
dalla maestra ad inginocchiarsi e ad asciugarla con un fazzoletto
di carta, dopo essere stato minacciato, davanti agli altri bambini,
di fargliela pulire con la faccia.
Numerosi sono stati gli eventi in cui la maestra è ricorsa
alla violenza per ottenere l’obbedienza degli alunni. Tali condotte
dell’educatrice, che generavano nei piccoli un clima di terrore, mettendoli
in costante soggezione psicofisica, si manifestavano anche incitando
alcuni di loro, solitamente i più grandi, alla violenza e alla
denigrazione in danno degli altri. Il comportamento della maestra,
fatto anche di insulti ed umiliazioni verbali, riguardava anche bambini
portatori di disagi e difficoltà psicoinfantili. Venivano usati
epiteti vari come scemo, zozzo, bastardo.
Dalle indagini emergeva inoltre, che nonostante la maestra fosse stata
più volte, nel tempo, criticata e ripresa anche dalle sue colleghe
circa i suoi metodi educativi, avvalendosi della protezione e della
copertura della direttrice, continuava imperterrita nella commissione
di tali illeciti, limitandosi esclusivamente a non assumere tali comportamenti
in presenza di altro personale scolastico. Nel corso del tempo le
diverse persone, docenti e non, che rappresentavano i comportamenti
dell’insegnante alla direttrice M.R.C., si sono sempre trovate davanti
ad un “muro” o addirittura emarginate dall’ambiente, poiché
la stessa cercava di mettere tutto a tacere, senza prendere alcun
provvedimento, inducendo al silenzio chiunque volesse evidenziare
in qualche modo la errata sistematicità educativa che si teneva
all’interno della scuola, in particolare nella suddetta classe, ricorrendo
anche a forme di intimidazioni e di ritorsioni, abusando dei propri
poteri istituzionali.
Visto quanto emerso dalle indagini, il Sostituto Procuratore dr. Eugenio
Albamonte, soprattutto al fine di preservare i minori sottoposti al
rischio evidente della reiterazione da parte della maestra delle condotte
illecite in argomento, richiedeva con urgenza una misura cautelare
al Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, dott.ssa
Elvira Tamburelli, la quale emetteva a carico delle due donne la misura
cautelare degli arresti domiciliari.