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luglio 2013 – Basta fare qualche conto veloce per
renderci conto che la maggior parte dei cittadini romani risiede nella
parte periferica della città mentre gli investimenti maggiori
delle amministrazioni che si sono succedute alla guida del Campidoglio
si sono concentrati sul centro storico della capitale. È arrivata
l’ora di invertire questo “trend” per dare alla zona più popolare
di Roma la considerazione e, soprattutto, servizi degni di una metropoli
europea. A questo proposito non possiamo che essere d’accordo con
il sindaco Ignazio Marino quando, esponendo le linee programmatiche
della sua giunta, dichiara: “l’Amministrazione non si
limiterà ad affrontare i problemi del centro storico, anche
le periferie dovranno diventare il laboratorio di un nuovo sistema
di sviluppo, che favorisca l’intervento diretto dei cittadini nei
piani di recupero e nella manutenzione degli spazi pubblici.”
Ottime intenzioni ma ribadiamo che si debba passare velocemente ai
fatti! Occorre recuperare le macerie e i disastri nei sobborghi della
capitale conseguenza dell’incompetenza e dell’indifferenza dell’amministrazione
pubblica.
Roma non è paragonabile alle metropoli del nord come Torino
o Milano che, grazie ad una economia industriale importante, hanno
incoraggiato e compattato le periferie popolari, assorbendo le ondate
migratorie. È una città che ha dovuto fare i conti con
la storia e l’eredità che questa ha lasciato: quartieri dormitorio,
zone popolari, l’esplodere dell’abusivismo edilizio per finire con
gli insediamenti di una immigrazione, spesso, clandestina.
Anche a Colli Aniene, nato come un quartiere modello, si vivono i
disagi dell’estrema periferia romana.
Nella capitale, i quartieri dell’hinterland, da quelli più
antichi a quelli più recenti costruiti ben oltre il Raccordo
Anulare, sono abitati da persone di diversa estrazione sociale, famiglie
che hanno differenti livelli di benessere, e composte da operai, artigiani,
professionisti, lavoratori intellettuali, commercianti, oltre ai tanti
impiegati impegnati nei servizi o nelle piccole imprese e ai tanti
disoccupati, esodati, salvaguardati, giovani che non trovano lavoro,
studenti, pensionati. Abitati socialmente disomogenei, dove la maggioranza
delle famiglie è proprietaria della casa in cui abita, possiede
almeno un automobile, ha il collegamento a internet, ma in cui tutti
sono costretti ad affrontare i disagi comuni di questa parte della
città:
1.
Edilizia scolastica scellerata
2. Problemi di convivenza con le diverse etnie
3. Problemi di sicurezza
4. Segnaletica stradale fatiscente o addirittura mancante
5. Mancanza di una manutenzione stradale adeguata,
6. Problemi di mobilità
7. Opere pubbliche abbandonate al degrado e all’incuria
8. Carenza di luoghi di aggregazioni e culturali (teatri, cinema,
auditorium, etc)
9. Importanti criticità nelle infrastrutture
10. Scarsa manutenzione del verde pubblico
11. Presenza di discariche, depuratori e siti industriali che provocano
inquinamento atmosferico
12. Ecomostri che andrebbero abbattuti
13. Presenza di campi rom abusivi o regolari, spesso, in condizioni
sanitarie e umanitarie critiche
14. Disoccupati, esodati, giovani senza il primo impiego
Per concludere,
la periferia della nostra città è una grossa fetta di
territorio complessa e contraddittoria, costituita
soprattutto di vecchi quartieri costruiti attraverso edilizia pubblica
o economica, di casette sparse in zone dimenticate dalla pianificazione
urbana, centri suburbani o rurali totalmente interessati dai flussi
di immigrazione e priva, in gran parte, di centri culturali, di socializzazione
e di aggregazione. I palazzoni hanno riempito qualsiasi spazio vuoto
gli si offrisse senza dover rispettare un qualsiasi piano edilizio
che comprendesse i servizi ai cittadini. Dove non trova resistenza
né pianificazione, come avviene in questa città, l’esplosione
del concetto di periferia genera disagi e microconflitti,
non aiuta affatto l’integrazione e finisce per alimentare l’insicurezza
nei cittadini e, per certi versi, il razzismo verso chi è
diverso.
Antonio
Barcella
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