Associazione 21 Luglio: chiudere i “campi nomadi” e puntare sull’inclusione sociale dei rom

9 settembre 2013 – Con un documento congiunto dal titolo “Dall’ossessione securitaria alla solidarietà responsabile. La città di Roma e i rom: linee guida per una nuova politica”, Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà Onlus presentano all’Amministrazione di Roma Capitale alcune proposte concrete sulle politiche di inclusione dei rom e sinti. Oggi a Roma vivono circa settemila rom e sinti, che rappresentano lo 0,24 % della popolazione residente in città; la comunità rom romana è una delle meno numerose in Europa. Negli ultimi anni le strategie dell’Amministrazione Capitolina in merito a rom e sinti hanno prodotto la segregazione e l’esclusione sociale di tali comunità, alimentando l’intolleranza dei cittadini romani residenti nelle aree dei campi, che percepiscono la loro presenza come ingombrante e minacciosa, una “diversità” da segregare in spazi lontani e separati dalla città, quei mega campi monoetnici per i quali il Comune, negli ultimi anni, ha speso oltre 60 milioni di euro.

Attraverso la politica dei “campi” e i vari Piani Nomadi che si sono succeduti, gli amministratori locali hanno definito le comunità rom e sinte a Roma come nomadi, non cittadini, individuando il “campo nomadi” come lo spazio nel quale relegarli, benché essi non siano “nomadi” ormai da diverse generazioni. Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà Onlus credono quindi che una politica di stampo nuovo sia necessaria e che debba partire dal superamento dei “campi nomadi” come unica soluzione abitativa per i rom e sinti in città.

Ribadendo la «necessità di superamento del modello dei campi per combattere l’isolamento e favorire percorsi di interrelazione sociale», così come sancito nella Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti, adottata dal Governo italiano nel 2012, il documento congiunto delle due associazioni individua nel passaggio dalla dimensione “campo” alla dimensione “casa” il punto di partenza di nuove politiche per le comunità rom e sinte.

Il documento propone: l’abbandono dell’ottica emergenziale fin qui adottata; l’istituzione di un’agenzia comunale con il compito di individuare progetti abitativi alternativi al “campo”; l’istituzione di un sistema di regolarizzazione degli “apolidi di fatto”; il coinvolgimento attivo dei singoli nuclei familiari e l’azzeramento di quei canali preferenziali che hanno fino ad oggi accreditato sedicenti rappresentanti rom nel dialogo con gli amministratori locali.

Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà Onlus chiedono all’Amministrazione comunale la chiusura progressiva, entro 18 mesi, di due “villaggi attrezzati” della Capitale, Castel Romano e Cesarina, nei quali avviare la sperimentazione del superamento dei “campi”. Il primo, il più grande a Roma, ospita 1300 rom e presenta un costo di gestione di oltre 300 mila euro mensili; il secondo è invece il più piccolo sul territorio comunale (160 persone) e costa 49 mila euro al mese. Tale chiusura può realizzarsi attraverso l’istituzione di un regolamento interno nei due insediamenti che preveda, come criterio di permanenza per le famiglie rom, una soglia del reddito ISEE.

In questo modo, per i nuclei familiari in possesso di risorse economiche e immobiliari in grado di garantire autonomia alloggiativa e il pagamento delle utenze, si potrà prevedere l’allontanamento volontario o forzato dal “campo”. Per le altre famiglie, a seconda della loro particolare condizione socioeconomica, saranno invece individuati percorsi personalizzati che contemplino differenti soluzioni abitative alternative al “campo”, percorsi di formazione, oppure interventi di presa in carico per le persone in condizione di particolare fragilità.

Comunicato Stampa Associazione 21 luglio

Domani cinque famiglie Rom lasceranno spontaneamente l’accampamento abusivo di Via Salviati per tornare nel campo attrezzato di Castel Romano.

Si tratta di un trasferimento volontario di oltre 30 persone, per garantire ai bambini la ripresa delle scuole e perché le condizioni igienico-sanitarie del campo sulla Collatina sono estremamente precarie: mancano infatti acqua, corrente elettrica e servizi igienici. L’insediamento abusivo di Via Salviati si è formato due mesi fa quando circa 150 persone abbandonarono le strutture di Castel Romano.

Le cinque famiglie oggi hanno preso parte ad un incontro al Dipartimento per la Promozione delle politiche sociali per affrontare con il personale tecnico le questioni organizzative legate al trasferimento, incoraggiato e sostenuto dal Dipartimento.

L’Assessore al sostegno sociale di Roma Capitale, Rita Cutini, ha voluto partecipare alla riunione per ascoltare le loro esigenze, testimoniando la propria personale vicinanza e quella dell’Amministrazione: “L’Assessorato e il Dipartimento sosterranno tutti quei percorsi che puntano all’integrazione e all’inclusione. Siamo dalla parte dei bambini e delle famiglie Rom. La vostra decisione di tornare a Castel Romano – ha concluso l’assessore – è l’inizio di una collaborazione percorribile che può dare risultati concreti”.


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Commenti

10 settembre 2013Nel leggere questo articolo mi sono venuti i brividi……informandomi meglio sulla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti, adottata dal Governo italiano nel 2012, ho scoperto che si stanno individuando nel territorio del comune di Roma vecchi casali abbandonati (i famosi progetti abitativi alternativi) , su consiglio delle associazioni (succhiasoldi pubblici) pro rom, i quali dopo una adeguata ristrutturazione verranno …donati ….ai rom…cosi si sentiranno a casa loro…..non emarginati in campi come ora………io credo che se questo dovesse succedere ci sarà una rivoluzione civile. Non scordiamoci che nella zona la martora c’è il casale Boccaleone, che più volte è stato tentato di rivalutare con progetti anche interessanti ma mai realizzati concretamente…..in questo caso ci sarà solo uno spostamento di poche centinaia di metri, da via Salviati al casale Boccaleone, così non subiranno neanche lo shock da trasloco……….Franco.