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aprile 2014 – Amnesty International, 21 luglio, la
Rete Territoriale Roma Est e altre otto organizzazioni scrivono al
sindaco Marino una
lettera con un chiaro invito ad avere coraggio: “Occasione storica
per chiudere i campi”. Chiudere i campi “nomadi” a Roma, fermare il
progetto di rifacimento del “villaggio attrezzato” di via della Cesarina
e riconvertire le risorse economiche in progetti di reale inclusione
sociale dei rom. È l’appello rivolto a Ignazio Marino, in occasione
della Giornata Internazionale del popolo rom, che si celebra oggi
in tutto il mondo, da undici organizzazioni della società civile
che chiedono al sindaco della Capitale di cogliere un’occasione storica
per cambiare finalmente rotta nelle politiche verso i rom.
«Oggi la Giunta da Lei presieduta ha l’opportunità concreta
di avviare questo processo, tanto rivoluzionario quanto urgente, per
i rom e per la nostra città», inizia la lettera al sindaco,
intitolata “Chiudere i campi nomadi a Roma, sostenere la città”,
firmata da Amnesty International Italia, Associazione 21 luglio, ATD
Quarto Mondo, Bottega Solidale, Casa dei Diritti Sociali, Cittadinanza
e Minoranze, Osservatorio sul Razzismo e le Diversità "M.G.
Favara" - Università Roma Tre, OsservAzione, Popica Onlus,
Rete Territoriale Roma Est.
Negli ultimi mesi l’impegno dell’Amministrazione Comunale – scrivono
le organizzazioni - si è concentrato sul rifacimento ex novo
del nuovo «villaggio attrezzato» di via della Cesarina
il cui costo, secondo le stime, dovrebbe essere superiore a 1 milione
di euro. Le 137 persone che dovranno abitarlo sono state momentaneamente
accolte nel “Best House Rom” di via Visso, una struttura convenzionata
con il Comune di Roma ma priva dei requisiti strutturali e organizzativi
minimi prevista dalla normativa vigente e nel quale ogni famiglia
dispone di una stanza di 12 mq priva di finestre e di luce naturale.
Per una famiglia rom di 5 persone si può stimare, sommando
le spese per l’accoglienza nel Best House Rom a quelle per il rifacimento
del campo, una spesa superiore ai 60 mila euro.
La scelta dell’Amministrazione, prosegue la lettera delle organizzazioni,
«ci sembra assolutamente sbagliata per due motivi». In
primo luogo perché con essa si «intende reiterare quella
politica di segregazione dei rom nei campi nomadi che negli ultimi
trent’anni ha contraddistinto la città di Roma». La seconda
ragione, «riguarda un tema centrale, che coinvolge tutta la
cittadinanza, ovvero quello dell’efficacia della spesa pubblica».
«Occorre tra l’altro notare – sottolineano le organizzazioni
firmatarie - come la segregazione dei rom, attraverso l’individuazione
di “campi nomadi” come unica soluzione abitativa riservata alle famiglie
rom indigenti, vada di pari passo con la loro esclusione sociale e
il mancato accesso alle “case popolari” che permetterebbero la loro
integrazione. Si tratta di due facce della stessa medaglia, coniata
dalla precedente giunta capitolina e poi fatta propria dall’attuale».
Per questo viene chiesto al primo cittadino una svolta epocale con
la richiesta esplicita di impedire la rinascita del campo della Cesarina
riconvertendo «l’ingente somma economica già impegnata
per l’accoglienza dei 137 rom nel Best House Rom e il rifacimento
in progetti di inclusione sociale che, alla luce della sua entità,
possano interessare, oltre alle famiglie rom anche altre fasce della
popolazione romana in disagio abitativo».
Le organizzazioni firmatarie non chiedono alcun trattamento preferenziale
per i rom, ma l’utilizzo delle risorse a disposizione per finanziare
politiche abitative che provvedano alle esigenze di tutte le famiglie
che si trovano in stato di bisogno, indipendentemente dalla loro etnia.
«Dalle parole è il momento di passare ai fatti –
afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio
-. Oggi i rom non hanno bisogno di cerimonie ma di scelte politiche
che cambino la loro condizione di vita accompagnandoli fuori dai campi.
Se gli amministratori romani dicono di voler superare i campi questo
è il momento di farlo. Continuare a sperperare denaro pubblico
nella costruzione di ghetti etnici è inaccettabile mentre è
giunto il momento di voltare pagina guardando con coraggio alle tante
buone pratiche che in Italia e all’estero hanno dimostrato come l’inclusione
dei rom, oltre ad essere possibile e auspicabile, comporterebbe un
importante risparmio di denaro pubblico».
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