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maggio 2014 – I fatti di questi giorni, che hanno portato
la magistratura e gli enti preposti ad effettuare controlli accurati
sulla fabbrica della BASF posta nel Polo Tecnologico di Case Rosse/Settecamini,
ci hanno condotto a porci la domanda: dare la priorità alla
salvaguardia dei livelli occupazionali dei lavoratori o tutelare per
prima cosa la salute dei cittadini e il territorio? È il solito
dilemma che si pone quando si abbandonano le compiacenze e i controlli
di facciata sulle industrie e cominciano a venir fuori le conferme
di alcuni sospetti. Successe a Seveso, è accaduto recentemente
a Taranto e, nel nostro piccolo, accade anche al Tiburtino. Noi non
abbiamo alcun dubbio: la priorità deve essere data in primo
luogo alla vigilanza sul rispetto della legge che garantisce la vita
e la salute di chi risiede in questo territorio. Abbiamo visto troppe
volte scoprire le magagne quando i danni erano già fatti e
la gente morire per l’inefficienza o, peggio ancora, la complicità
tra politica e mondo imprenditoriale. Il lavoro è certamente
importante e deve essere fatto di tutto per salvaguardare gli impiegati
e gli operai della BASF, come quelli di migliaia di altri lavoratori
che ogni giorno rischiano l’occupazione, ma non si deve fare questo
a prescindere dal resto. È compito della politica trovare soluzioni
che garantiscano i diritti degli uni e degli altri ma senza sacrificare
la tutela della salute insabbiando o alterando l’esito dei controlli.
È notizia di poche ore fa che la polizia locale di Roma Capitale
ha posto sotto sequestro il laghetto di pesca sportiva antistante
la BASF a causa dell’inquinamento delle acque, lasciando il sospetto
nei cittadini che il grado di contaminazione del territorio ha raggiunto
perfino le falde acquifere. Le stesse acque che irrogano i campi posti
nei dintorni che producono ortaggi che finiscono inevitabilmente sulle
nostre tavole. La stessa aria velenosa che, noi del Tiburtino, respiriamo
ogni giorno perché il “cielo non ha confini”.
“19
maggio 2014 - Sciascia, IV Municipio: non disperdere
il lavoro svolto finora dal tavolo di concertazione tra Comune,
Basf e lavoratori dell'azienda - Già da
tempo è stato istituito un tavolo di confronto che
ha coinvolto il Municipio, gli Assessorati competenti di Roma
Capitale, i vertici di Basf, i lavoratori e i Comitati per
salvaguardare i livelli occupazionali e mitigare l'impatto
ambientale sul quartiere, attraverso l'ipotesi di una delocalizzazione.
Consapevoli dell'iter avviato nel 2012 e in attesa dei risultati
dei controlli avviati dall'Istituto Superiore di Sanità,
riteniamo che si debba continuare a lavorare insieme all'Amministrazione
capitolina perché tutti quei posti di lavoro non vadano
persi, dando allo stesso tempo una risposta concreta alle
esigenze del territorio. Nel pieno rispetto per le indagini
in corso sulle attività della Basf, chiedo che si tenga
in considerazione la necessità prioritaria di salvaguardare
i lavoratori e la salute dei cittadini. Il nostro impegno
su questo tema è continuo e costante, già domani
saremo dall'Assessore Caudo per un incontro con i sindacati
sul tema Basf".
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21
maggio 2014 - I COMITATI CITTADINI - Carissimi
cittadini, nelle ultime ore, a pochi giorni dal “blitz” del
12 maggio scorso, si stanno susseguendo eventi molto gravi
che riguardano la presenza dell’inceneritore di rifiuti tossici
e nocivi BASF a via di Salone. Ieri mattina i vigili urbani
hanno posto sotto sequestro il laghetto di pesca sportiva
antistante la BASF a causa dell’inquinamento delle acque.
Abbiamo rilanciato su facebook i link ai mezzi di informazione
che hanno diffuso la notizia e trovate alla fine di questa
email un riepilogo dei link principali. Alle famiglie che
vivono grazie a questa attività commerciale rivolgiamo
la nostra solidarietà poiché anche loro, come
noi tutti, sono vittime di questa assurda situazione. Però
questa notizia non arriva del tutto inattesa: ragionevolezza
e buon senso bastavano a far temere il peggio e probabilmente
quella che è stata scoperta è solo la punta
di un iceberg. Sotto via di Salone ci sono le antiche sorgenti
dell’Acqua Vergine, ufficialmente non potabile ma tuttora
utilizzata a fini di irrigazione e per alimentare numerosi
monumenti di Roma come per esempio Fontana di Trevi. Anche
per questo i Comitati, opponendosi alla farsa dei controlli
inefficaci, promossi e organizzati dall’ex-amministrazione
Zingaretti ed ancora portati avanti dai burocrati della attuale
amministrazione commissariale, hanno richiesto, tra le altre
cose, che si effettuasse un “monitoraggio permanente integrale”
che includesse biomonitoraggi, carotaggi del terreno e analisi
approfondite delle falde acquifere. I sigilli al laghetto
sono scattati dopo che controlli condotti dall’ARPA nei mesi
scorsi hanno rivelato una concentrazione superiore ai limiti
consentiti di sostanze molto inquinanti e cancerogene quali
tricloroetano, tribrometano, dibromoclorometano, bromoclorometano
ed il pericolosissimo nichel. A proposito del nichel, ricordiamo
che la stessa Provincia di Roma ha autorizzato di recente
BASF a trattare in via di Salone anche i catalizzatori al
Nichel-Platino, senza che alcuna autorità sanitaria
facente capo al Comune sia intervenuta per opporsi. Abbiamo
informato di tutto questo i Cittadini nelle assemblee pubbliche
ed i Cittadini hanno risposto partecipando e protestando in
Piazza SS. Apostoli, davanti la Provincia, contro questa assurdità.
Speriamo sia ormai chiaro a tutti il modo in cui vengono concesse
le autorizzazioni. Sul sito web dei Comitati, nonché
nelle disponibilità dei Comitati stessi, vi è
ampia documentazione che supporta fondati sospetti di inadempienze,
controlli palesemente carenti, ingiustificati presupposti
per la concessione di autorizzazioni allo stabilimento. Tornando
ai fatti recentissimi, sotto il profilo giudiziario, due dirigenti
della BASF risultano indagati per avere, si legge nel capo
di imputazione, «...gestito ingenti quantitativi di
rifiuti mediante illecita attribuzione di codici CER (Catalogo
Europeo dei Rifiuti) in uscita dall'impianto al fine di consentirne
lo smaltimento in assenza di autorizzazione specifica»,
nonché per aver «contaminato terreni e falde
acquifere circostanti e sottostanti l'area interessata dallo
stabilimento» ed aver «aperto un nuovo scarico
discontinuo di acque reflue industriali senza autorizzazione
(…omissis…)». Sono imputazioni agghiaccianti che ci
preoccupano molto per la gravità dei fatti, indipendentemente
dalle dirette responsabilità degli interessati, che
sarà la magistratura ad accertare. Sotto il profilo
politico, alcuni eventi molto preoccupanti negli ultimi giorni
hanno contribuito ad aumentare la sfiducia e lo scetticismo
verso chi dovrebbe tutelare la salute dei cittadini. Le preoccupazioni
principali riguardano il cosiddetto tavolo per la delocalizzazione.
Vi rendiamo partecipi di quanto ci è stato espressamente
detto, cioè che la trattativa che il dott. Lo Bianco
(Assessorato all’Urbanistica) sta portando avanti pone la
“convenienza economica” dell’operazione come principale vincolo
di ammissibilità della stessa, oltre alla naturale
salvaguardia dei livelli occupazionali. Per la tutela della
salute degli abitanti il Dr. Lo Bianco ci ha detto che se
ne stanno occupando gli Assessorati competenti. Ma non ci
sembra che ciò stia accadendo. Infatti non è
stato ancora avviato, da parte dell’Assessore alla salute
(dott.ssa Rita Cutini) e dell’Assessore all’Ambiente (dott.ssa
Estella Marino), l’altro tavolo che doveva porre la salute
dei cittadini al centro della questione con la partecipazione
dei Comitati. Questo tavolo parallelo ci è stato promesso
nell’incontro con il Sindaco Marino a novembre, ma non è
mai partito. Gli Assessori hanno scritto lettere, avuto incontri
con tutti tranne che con i Comitati, ignorando perfino una
nostra richiesta di accesso agli atti, nonostante fatta con
diffida di rilevanza penale. Speriamo che il dott. Lo Bianco,
supportato efficacemente dal Presidente dalla Regione, On
Zingaretti, chiuda al più presto positivamente la trattativa
sulla delocalizzazione che sembra vada per le lunghe (ricordiamo
che l’AIA imponeva un piano di delocalizzazione già
a Dicembre 2013). A rincarare la dose, pochi giorni fa il
signor Francesco D’Ausilio, capogruppo PD presso l’assemblea
capitolina, aveva diramato un comunicato in cui dichiarava
come “prevalente” sul diritto alla Salute la salvaguardia
delle attività economiche e dei posti di lavoro nel
sito di via di Salone. Il D’Ausilio. a seguito della dura
replica dei Comitati, resa nota a voi con la
precedente mail, e dei recenti fatti di cronaca, ha poi rivisto
la propria posizione tramite un’email ai Comitati, che per
trasparenza abbiamo riportato nel file allegato, dichiarando
che il diritto alla Salute è “imprescindibile”. Meno
male. Evidentemente certi nostri politici devono far pace
con se stessi e tra di loro: mentre l’Assessore Estella Marino
la scorsa estate dichiarava il processo di delocalizzazione
“ineluttabile”, il capogruppo della sua stessa parte politica
mette paletti che comprimono il diritto alla Salute di migliaia
di cittadini. Le notizie del blitz, del successivo sequestro
e dell’indagine giudiziaria in corso hanno evidentemente portato
prudenza e più saggi consigli, ma la questione che
vogliamo presentare alla Politica è: serve un magistrato
per far capire che un inceneritore di rifiuti tossici e pericolosi
non sia compatibile con un tessuto urbano densamente abitato,
e con un asilo nido posto a soli 300 metri di distanza? La
domanda che come Cittadini rivolgiamo a tutte le Istituzioni
quindi è: “Oggi che se ne sa un po’ di più,
cosa intendete FARE già da domani?”
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