12
giugno 2014 –
Oltre 24 milioni di euro spesi dal Comune di Roma nel 2013 per segregare
e concentrare i rom nei “villaggi della solidarietà” e nei
“centri di raccolta rom” e sgomberarli dagli insediamenti informali.
Un vero e proprio “sistema”, quello dei “campi” nella Capitale, all’interno
del quale operano 35 enti pubblici e privati, che impiegano un personale
di oltre 400 individui, che usufruiscono dei finanziamenti comunali
per lo più attraverso affidamento diretto e non tramite bandi
pubblici.
È il quadro che emerge dal rapporto “Campi
Nomadi s.p.a.”, presentato stamane in Campidoglio dall’Associazione
21 luglio: un fiume incontrollato di denaro pubblico che confluisce
nel “sistema campi” e che per le comunità rom non si
traduce in alcun beneficio in termini di inclusione sociale
ma che alimenta, al contrario, la percezione negativa nei loro confronti
da parte dell’opinione pubblica.
Dei 24.108.406 euro spesi dal Comune di Roma nel 2013 per affrontare
la “questione rom” – 8 mila persone, di cui più della metà
bambini -, l’86,4% è stato utilizzato per la gestione dei “campi”
e per la vigilanza e la sicurezza all’interno degli stessi; il 13,2%
è stato rivolto ad interventi di scolarizzazione mentre soltanto
lo 0,4% del totale è stato destinato all’inclusione sociale
dei rom.
Per la gestione degli 8 “villaggi della solidarietà” presenti
a Roma, nei quali vivono 4.391 persone, il Comune di Roma ha speso
più di 16 milioni di euro. Tra questi, il “campo” di Castel
Romano, dove risiedono 989 rom, risulta il più costoso: oltre
5 milioni di euro nel solo 2013. Dalla sua nascita, nel 2005, per
una famiglia composta da 5 persone il Comune di Roma ha già
speso oltre 270 mila euro.
Il “centro di raccolta rom” di via Amarilli, uno dei tre esistenti
a Roma (costati circa 6 milioni di euro nel 2013), risulta invece
l’insediamento formale con la spesa procapite più alta: per
ognuno dei 130 abitanti nel “centro”, nel solo anno considerato dal
rapporto, il Comune di Roma ha speso 906 euro al mese, a fronte di
un investimento per l’inclusione sociale dei rom pari allo 0%.
Per spostare da un punto all’altro della città circa 1.200
rom attraverso 54 azioni di sgombero forzato, infine, si sono impiegati
quasi 2 milioni di euro.
Come in una vera e propria “municipalizzata”, nella “Campi Nomadi
s.p.a.”, emerge dall’indagine dell’Associazione 21 luglio, sono coinvolti
35 enti pubblici e privati. Stimando, per ognuno di essi, un coinvolgimento
medio di 12 operatori, risultano più di 400 i soggetti individuali
impiegati all’interno dell’indotto che si muove attorno alla “questione
rom”. Preoccupante è la percentuale di affidamenti diretti
dei finanziamenti, senza ricorrere pertanto a bandi pubblici, che
in alcuni casi raggiunge il 100%.
Tra i soggetti operanti nel “sistema campi”, Consorzio Casa della
Solidarietà e Risorse per Roma risultano, nel 2013, i due destinatari
principali dei finanziamenti: 4.242.028 euro il primo, 3.757.050 euro
il secondo. Per gli altri soggetti, invece, i finanziamenti sono compresi
tra i 2 milioni di euro e i 100 mila euro annui.
A fronte di costi economici e sociali così elevati, il superamento
definitivo dei “campi” si presenta come l’unica via che conduce a
una inversione di tendenza e che si incrocia con quella dei diritti
umani.
Le alternative possibili ai “campi” sono molteplici e l’Associazione
21 luglio, nel rapporto, ne ha proposto un esempio concreto: un progetto
di autorecupero, così come codificato dalla Legge Regionale
n.55 del 1998, che darebbe alloggio a 22 famiglie, tra cui 2 famiglie
rom, una famiglia di rifugiati, una famiglia di immigrati e altre
famiglie italiane in disagio abitativo. Un progetto, questo, che partirebbe
dall’individuazione di un edificio dismesso tra i 1.200 ettari di
immobili abbandonati presenti attualmente sul territorio comunale.
Soluzioni abitative extra-campo, finalizzate all’inclusione sociale,
del resto, sono già state attuate in altre città italiane,
come Messina e Padova, dove, grazie a progetti di autorecupero e autocostruzione,
si spenderanno in 5 anni rispettivamente 10 mila euro e 50 mila euro
per una famiglia rom di 5 persone. A Roma, la stessa tipologia di
famiglia che vive nel “campo” de La Barbuta costerà alle casse
comunali 155 mila euro in cinque anni.
«Segregare, concentrare e allontanare i rom ha un costo
altissimo che Roma non può e non deve più permettersi
– afferma l’Associazione 21 luglio -. Chiediamo pertanto all’amministrazione
un impegno concreto volto a mettere la parola fine alla “politica
dei campi” e al “sistema” che vi si cela dietro e a riconvertire le
risorse in progetti di reale inclusione sociale a beneficio di cittadini
rom e non. È quanto mai urgente, quindi, che il sindaco Marino
intervenga per sospendere il progetto di rifacimento del nuovo “campo”
in via della Cesarina, che l’Assessorato alle Politiche Sociali intende
realizzare nei prossimi mesi e che andrebbe a incidere significativamente
sulle spese previste nel 2014 per il “sistema campi”».
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Ufficio Stampa e Comunicazione
Associazione 21 luglio