25
marzo 2015 - Nella periferia romana di Roma Est, nel quartiere
di Casal de’ Pazzi, a pochi passi dal capolinea della metro B di Rebibbia,
si trova il Museo del Pleistocene, uno dei tanti tesori culturali
che sono sconosciuti alla maggior parte dei romani. Il Museo, in pratica,
è collocato tra la via Nomentana e la via Tiburtina, non lontano
dal fiume Aniene e dai numerosi altri siti paleolitici che ne costellavano
in passato l'ultimo tratto. Dopo numerose aperture a singhiozzo, finalmente,
questo patrimonio scientifico aprirà i battenti in modo continuativo:
l’inaugurazione è prevista per lunedì 30 marzo 2015
alle ore 10,30. Saranno presenti il sindaco Ignazio Marino, l'assessore
alla cultura Giovanna Marinelli, il presidente del IV Municipio Emiliano
Sciascia. Non mancheranno inoltre tutti quelli che hanno contribuito
col cuore e con la mente ad aprire questo museo come i bambini e il
personale insegnante della scuola Palombini, tanti docenti universitari,
tanti studenti che hanno svolto il tirocinio in questo sito, il CNR
con il suo laboratorio di archeologia virtuale e tanti altri. Tutti
loro stanno lavorando per una inaugurazione perfetta!
Qualche pillola di storia del territorio - 200 mila
anni fa Roma era la "Terra degli Elefanti" e proprio lungo
il fiume Aniene sono state ritrovate testimonianze importanti che
hanno permesso di ricostruire l’ambiente preistorico. Il Museo sorge
alla congiunzione di via Ciciliano con via Galbani, sul luogo di ritrovamento
di un deposito del Pleistocene medio (700.000 – 120.000 anni fa) conservatosi
intatto, mentre tutto il territorio circostante ha subito profondi
cambiamenti dovuti sia ad eventi naturali che, più recentemente,
all’intervento umano. Un breve tratto dell’antico corso dell’Aniene,
colmatosi poi con sabbie e ghiaie, ha preservato numerosi resti di
fauna, flora, strumenti di pietra scheggiata dall’uomo e un frammento
di cranio umano. Il deposito fu oggetto di scavi della Soprintendenza
Archeologica di Roma dal 1981 al 1986 che hanno messo in luce su un'area
di oltre 1200 mq l'antico alveo del fiume, all'interno del quale sono
stati raccolti circa 2.200 resti ossei ed oltre 1.500 reperti in pietra,
trascinati e poi depositati dall’antico corso d’acqua. Le ossa, che
appartengono soprattutto a grandi mammiferi come l’elefante antico
e ad uccelli acquatici, erano coperte da ghiaie e sabbie accumulate
dal fiume. Dallo strato più basso proviene un frammento cranio
umano. Circa un terzo dei ritrovamenti sono stati preservati, permettendo
oggi l’osservazione di un antichissimo frammento di paesaggio antico
che giaceva subito sotto il terreno coltivato.
L'industria litica comprende una varietà di strumenti ma un
solo grande chopper, proveniente da strati più antichi erosi
dal fiume. Alcuni frammenti di ossa animali sono stati lavorati dall'Uomo.
Una occasione da non perdere per "immergersi" nelle acque
di un antico fiume pleistocenico e per immaginare la vita, i suoni,
gli ambienti di Roma prima di Roma.
Antonio
Barcella
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