28
aprile 2015 - “Il 28 aprile è la giornata mondiale
delle vittime dell’amianto, una ricorrenza istituita per ricordare
le tante persone che hanno perso la vita a causa dell’esposizione
alla pericolosa fibra. E’ anche l’occasione però per ribadire
l’urgenza e la necessità di una concreta azione di bonifica
e di risanamento per eliminare l’amianto da siti industriali, edifici
pubblici e privati, strutture. L’edizione 2015 della giornata arriva
inoltre all’indomani della scioccante sentenza sul processo Eternit,
legato agli stabilimenti di Casale Monferrato e degli altri siti della
multinazionale dislocati in Italia. Il 19 novembre scorso infatti
la Corte di Cassazione ha prescritto dal reato di disastro ambientale
Stephan Schmidheiny, il magnate svizzero proprietario di Eternit,
e annullato il risarcimento ai familiari delle 2.191 vittime delle
fabbriche di cemento amianto presenti, oltre che a Casale Monferrato,
a Cavagnolo, Bagnoli e Rubiera. Un atto che ha riaperto ferite e fatto
riaffiorare dolori e preoccupazioni che in maniera silente hanno accompagnato
la storia del nostro Paese negli ultimi decenni. È stata una
sconfitta per tutto il Paese, specialmente per quei cittadini che
ancora oggi chiedono giustizia per i propri cari scomparsi e che aspettano
fiduciosi una definitiva azione di risanamento ambientale del territorio
dall’amianto. Sono passati 23 anni da quando l’amianto è stato
messo al bando in Italia e, dopo averlo estratto, prodotto, lavorato
e commercializzato, ancora oggi si trova in buona parte diffuso, sotto
varie forme, su tutto il territorio nazionale…”. Inizia con queste
parole il dossier di Legambiente “Liberi
dall’amianto” che esprime forti preoccupazioni (l’amianto uccide
ancora: 4mila decessi ogni anno in Italia) e fa appello al Governo
affinché si impegni concretamente per avviare al più
presto le bonifiche dei siti industriali e la rimozione dell’amianto
dagli edifici ancora contaminati.
Colli Aniene e i quartieri del tiburtino costruiti dal dopoguerra
fino al 1992 (la messa al bando dell’amianto in Italia avvenne
con la legge n.257-1992) non sono esenti da questo problema perché
allora si faceva ampio uso in edilizia di questo materiale. Molte
regioni, tra cui il Lazio, non hanno ancora approvato il Piano Regionale
Amianto, a distanza di 23 anni dalla Legge 257 che li prevedeva entro
180 giorni dalla sua pubblicazione. Gli interventi di bonifica, avvenuti
o in corso, sono ancora molto indietro su gran parte del territorio
e si stima che ai tassi attuali ci vorranno almeno 85 anni prima di
arrivare ad un’azione di risanamento dalla pericolosa fibra. Perfino
nelle scuole
del IV Municipio (tiburtino) c’è ancora amianto da smaltire
seppure ci è stato assicurato che è stato “incapsulato”
per metterlo in sicurezza. A noi francamente il termine “incapsulato”
o “sigillato” non ci tranquillizza affatto e sapere che questo veleno
industriale non è stato ancora rimosso dagli edifici scolastici
o dagli edifici pubblici ci lascia quantomeno perplessi.
Un’altra questione importante è lo smaltimento di questo materiale
che spesso viene ritrovato in discariche abusive grazie agli alti
costi del processo di eliminazione in siti autorizzati. Attualmente
le regioni dotate di almeno un impianto specifico per l’amianto sono
undici per un totale di 24 impianti (nessuna nel Lazio). Ma le volumetrie
residue sono assolutamente insufficienti a garantire un corretto smaltimento
dei materiali. Cosa molto grave è che nel Lazio non è
stata ancora conclusa neppure l’attività di censimento e mappatura
dell’amianto.
Per concludere, nonostante l’amianto sia stato bandito in Italia da
oltre venti anni le vittime sono destinate a crescere in quanto le
malattie legate alla fibra killer possono insorgere anche dopo un
periodo di latenza che dura dai 20 ai 30 anni circa, ma anche oltre.
L’OMS stima che il picco dei decessi sarà tra il 2015 ed il
2020 in tutto il mondo: 7 decessi ogni 1000 abitanti, una tragedia
che potrebbe interessare 10 milioni di persone nei prossimi 20 anni.
Antonio
Barcella
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