Ponte Mammolo – Dopo lo sgombero la situazione appare irrisolta e scoppiano le polemiche

12 maggio 2015 - Transitando per via delle Messi D’Oro, ieri sera o stamattina, era facile osservare ancora gruppi nutriti di profughi che ancora bivaccano all’aperto sotto il controllo una pattuglia di polizia. Da una prima osservazione sembra che l’operazione di sgombero del giorno prima non abbia portato i risultati auspicati e molti degli occupanti sono solo stati spostati da un marciapiede all’altro. È evidente che c’è qualche problema di collocazione di queste persone nei centri di accoglienza, probabilmente perché non sono state convinte delle soluzioni proposte. Non vogliamo entrare nel merito della legittimità dell’operazione di sgombero ma è possibile lasciare tutte quelle povere persone lì abbandonate a loro stesse? Per fortuna in questo territorio non manca la solidarietà di residenti, parrocchie e volontari del sociale e prontamente alcune persone sono intervenute con delle coperte e delle giacche, piccoli aiuti per passare una notte.
In questi casi è facile passare dal consenso alla polemica e già ieri sera molti residenti accusavano le istituzioni per l’intervento tardivo, per l’abbandono del territorio e per il mancato dovere di ospitalità.
L’Associazione MEDU (Medici per i Diritti Umani) ha scritto una lettera aperta al sindaco Marino in cui si esorta il sindaco Marino ad intervenire subito sulla questione profughi: “Egregio Sindaco Marino, ci rivolgiamo a lei conoscendo la sua autorevolezza di medico e la sensibilità ai diritti fondamentali della persona che ha sempre dimostrato come politico. Come lei ben sa Roma è la città italiana che in questi anni ha accolto il maggior numero di rifugiati e migranti forzati, molti dei quali, a causa delle gravi insufficienze del sistema istituzionale d’accoglienza, sono stati spesso obbligati a sopravvivere in condizioni di grave marginalità. In queste settimane la coscienza dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale è stata scossa dal tragico naufragio di quasi mille migranti nel Canale di Sicilia. Le tardive misure adottate qualche giorno dopo a Bruxelles dall’Unione europea sono apparse ancora un volta del tutto inadeguate a far fronte al dramma dei migranti che attraversano il Mediterraneo e Medici per i Diritti Umani (MEDU) lo ha denunciato con forza insieme a molte altre organizzazioni umanitarie. Oggi però sentiamo il dovere di segnalarle quella che – prima ancora di essere un’urgenza umanitaria – è diventata una vera e propria questione di civiltà che coinvolge la città di Roma e che riguarda quelle stesse persone che rischiano di morire nei barconi in mezzo al mare.
Da diverse settimane assistiamo nuovamente, come nel corso del 2014, all’arrivo di giovani donne, uomini e bambini, quasi tutti provenienti dal Corno D’Africa, che non trovano altra accoglienza nella nostra città che non sia quella delle baraccopoli, degli edifici fatiscenti o di altri ghetti in cui già vivono da anni in una condizione di esclusione molti loro connazionali. La maggior parte dei profughi in arrivo si ferma a Roma per poco tempo in attesa di proseguire il viaggio verso qualche altro paese europeo. I medici e i volontari di MEDU che operano ogni settimana in alcuni di questi insediamenti, a Ponte Mammolo e Collatina, hanno avuto modo di constatare direttamente le gravi condizioni abitative ed igienico-sanitarie in cui si trovano centinaia di persone vulnerabili; condizioni che con ogni probabilità sono destinate a peggiorare con l’incremento dei flussi di migranti forzati in arrivo nel nostro paese durante la stagione estiva. Persone prive di tutto, ammassate in garage fatiscenti e malsani, in baracche di lamiera o addirittura sull’asfalto di un parcheggio, senza servizi igienici, senza un letto che non sia qualche sudicio materasso gettato a terra: questo è il quadro che si presenta a chi volesse visitare queste isole di miseria a pochi chilometri dal centro della capitale d’Italia dove il viaggio infernale nei barconi sembra proseguire anche sulla terraferma. I profughi visitati dalla clinica mobile di MEDU sono sbarcati in Sicilia da pochi giorni, in alcuni casi da poche ore, e si trovano in condizioni di salute spesso assai critiche.
Nelle scorse settimane i nostri medici hanno visitato decine di profughi eritrei letteralmente stremati, coperti di piaghe e ferite, tra di essi donne incinte e bambini piccoli. Il quadro sanitario che emerge è dunque quello di una popolazione con problemi di salute legati alle attuali pessime condizioni abitative ed igienico-sanitarie, alle condizioni estreme del viaggio oppure alle torture e ai trattamenti inumani e degradanti subiti nel paese di provenienza o durante il tragitto per raggiungere l’Europa. La Libia in particolare, principale tappa della rotta africana, rappresenta un vero e proprio inferno in terra per questa umanità. Tutti i migranti visitati dal nostro team hanno trascorso settimane o mesi privati della libertà nel suolo libico, nelle mani delle sempre più numerose bande di trafficanti di uomini, sottoposti ad ogni tipo di violenza, un campionario di nefandezze e sadismo umano che a volte è anche difficile da immaginare e di cui le percosse quotidiane, la privazione di cibo e di acque e le spaventose condizioni detentive rappresentano il trattamento standard a cui nessuno sfugge. Per avere una vaga idea di quello che succede in Libia, basti pensare che le indecenti condizioni in cui si trovano a sopravvivere nella periferia di Roma rappresentano pur sempre per questi profughi una situazione di sicurezza e di “relativo benessere” rispetto a quanto appena vissuto nel paese nord africano.
Signor Sindaco, ci rivolgiamo a lei anche in qualità di autorità garante della salute collettiva della città di Roma. E’ del tutto evidente che parlare di tutela della salute negli insediamenti che le abbiamo appena decritto, in cui si trovano oggi centinaia di migranti forzati, non ha alcun senso. Yacoub arriva sulla nostra clinica mobile perché tormentato da un’infezione cutanea che ha contratto in Libia, una malattia banale che diviene devastante nelle indecenti condizioni igienico-sanitarie in cui è costretto a vivere il paziente. Mirhet è stata violentata in Libia e vorrebbe abortire. Awet ha fatto naufragio nel Mediterraneo e ha visto morire decine di suoi compagni, non riesce a dormire e ogni notte ha gli incubi che gli ricordano la tragedia e le sevizie in Libia. Winta ha poco più di 18 anni e un bimbo di un anno con febbre e problemi respiratori. Fuori dall’unità mobile ci sono decine di pazienti che hanno bisogno di essere visitati. Che risposte terapeutiche possiamo dare a queste persone sapendo che da lì a poco passeranno la notte ammassati in un insalubre scantinato ? Sindaco Marino, è assolutamente urgente che le istituzioni assicurino ai migranti in arrivo standard alloggiativi ed igienico-sanitari dignitosi dal momento che è la stessa mancata predisposizione di adeguate misure di accoglienza a poter provocare problemi di salute individuali e collettivi.
Perché, signor Sindaco, a Roma non è possibile approntare misure di accoglienza decenti a persone che, ricordiamo, non scelgono di andar via, ma fuggono dai loro paesi a causa di violenze, guerre e persecuzioni ? Eppure sappiamo che in altre città italiane, per esempio a Milano, sono state efficacemente allestite strutture di accoglienza e di transito per gli stessi scopi già dallo scorso anno. Perché è sempre necessario aspettare che si verifichi qualche tragedia evitabile ? Perche non agire prima, con un adeguata programmazione, ma sempre dopo ? Perché delegare alla buona volontà dei singoli, delle associazioni o della chiesa qualsiasi iniziativa umanitaria ? Ci rivolgiamo a lei, Sindaco Marino, affinché le istituzioni reagiscano subito a questa grave questione umanitaria che coinvolge la nostra città. Siamo consapevoli della complessità dell’attuale fenomeno migratorio che fuori da ogni retorica possiamo definire epocale e che chiama in causa l’Italia e l’intera Europa ma riteniamo inaccettabile che, ad ogni livello, le istituzioni attuino ancora una volta la politica dello struzzo, temporeggiando nel prendere decisioni coraggiose nella speranza che in qualche modo il problema si risolva da solo. Riteniamo che una grande città come Roma debba essere all’altezza della sua storia di convivenza civile, approntando misure di supporto adeguate per l’umanità ferita costretta oggi a nascondersi negli anfratti delle sue periferie. Crediamo che il rispetto della dignità che dobbiamo, non solo agli altri, ma anche a noi stessi come cittadini, ci imponga l’immediata creazione di isole di accoglienza e di solidarietà per i migranti forzati che già sono qui o che giungeranno a Roma nei prossimi giorni e settimane. La società civile, per quel che può, ci sta provando. E le istituzioni ?
Alberto Barbieri - Coordinatore generale Medici per i Diritti Umani”

Antonio Barcella
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