Servizi scadenti nel territorio spesso lasciati all’iniziativa dei cittadini

11 giugno 2015 - Il manifesto di una iniziativa scolastica, certamente da noi condivisa, ci offre una serie di spunti di riflessione. Si tratta della proposta “Giornate per la scuola” promossa dalla scuola Balabanoff, per le giornate di sabato 13 e 14 giugno prossimi, in cui vengono chiamati a raccolta i genitori degli studenti per tamponare le carenze della pubblica amministrazione. “La scuola ha bisogno di voi! – recita il manifesto – Vi chiediamo la disponibilità di un po’ del vostro tempo in una delle giornate indicate per migliorare la nostra scuola e renderla più accogliente e confortevole per i nostri alunni.”
Ormai questa nazione sembra andare avanti solo grazie al mondo del volontariato e non si capisce dove vada a finire quel mare di denaro pubblico che “siamo costretti a versare in tasse e balzelli vari”. La scuola non riesce a sopravvivere senza il contributo dei genitori e le idee del personale insegnante. Portare la carta igienica a scuola è ormai diventato un obbligo. Se c’è da riparare una finestra il lavoro è demandato al genitore di turno prima che qualche disgustoso ratto si affacci da quel pertugio. Imbiancare un’aula, per ricoprire quella macchia di umidità dovuta ad infiltrazioni è compito di chi sa farlo e non pretende nulla in cambio. Potremmo continuare ma desideriamo spaziare in altri campi dove senza il volontariato questa nazione sarebbe allo sfascio.
Parliamo ad esempio della manutenzione dei giardini e del verde pubblico. Basta osservare cosa c’è intorno a voi passeggiando per Colli Aniene e ci si rende conto della differenza tra le aree mantenute dai cittadini e le piccole savane, le jungle e i boschi oscuri dove la cura è affidata semplicemente all’amministrazione pubblica. Panchine sommerse dai rovi, prati percorribili solo su sentieri battuti posti tra pareti di sterpi e di rovi, cestini pieni di cartacce che non vengono svuotati con la dovuta tempistica fanno da contraltare a luoghi curati dal cittadino che, oltre ad elargire una salatissima e indigesta tassa per i servizi (TASI), si trova a sopperire all’assenza di chi si è proposto di amministrare il bene pubblico solo per ricavarne un secondo o un terzo introito personale.
Passiamo poi al volontariato presso gli ospedali o nel sociale. I volontari non sono pagati, le loro prestazioni gratuite sono solo per servire i pazienti in maniera esclusivamente altruisticamente e senza alcun riconoscimento. È un servizio sociale e umanitario che gratifica se stessi. Senza queste persone gli ospedali vedrebbero decollare i costi di gestione, già di per se altissimi, e perderebbero in umanità ed assistenza. La stessa cosa si può sostenere nel sociale, dove l’assistenza ai poveri, ai migranti, ai senza fissa dimora, ai bisognosi, agli anziani e ai malati è spesso completamente abbandonata alle parrocchie e alle associazioni di volontariato.
Per concludere, il volontariato è un grosso antidoto alla crisi di coesione sociale che viviamo ma non può sostituirsi completamente ai servizi pubblici “dovuti” al cittadino. È un contributo a far sì che la società non sia costituita da singole entità, ma da un'insieme di relazioni significative. In una normale società civile questa cooperazione servirebbe ad aumentare consistentemente il livello di vita ma nella nostra sembra rappresentare “un’ancora di salvezza” per una politica sempre più latitante.

Antonio Barcella
www.collianiene.org

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