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giugno 2015 - Il manifesto di una iniziativa scolastica,
certamente da noi condivisa, ci offre una serie di spunti di riflessione.
Si tratta della proposta “Giornate
per la scuola” promossa dalla scuola Balabanoff, per
le giornate di sabato 13 e 14 giugno prossimi, in cui vengono chiamati
a raccolta i genitori degli studenti per tamponare le carenze della
pubblica amministrazione. “La scuola ha bisogno di voi! – recita
il manifesto – Vi chiediamo la disponibilità di un po’
del vostro tempo in una delle giornate indicate per migliorare la
nostra scuola e renderla più accogliente e confortevole per
i nostri alunni.”
Ormai questa nazione sembra andare avanti solo grazie al mondo del
volontariato e non si capisce dove vada a finire quel mare di denaro
pubblico che “siamo costretti a versare in tasse e balzelli
vari”. La scuola
non riesce a sopravvivere senza il contributo dei genitori e le idee
del personale insegnante. Portare la carta igienica a scuola è
ormai diventato un obbligo. Se c’è da riparare una finestra
il lavoro è demandato al genitore di turno prima che qualche
disgustoso ratto si affacci da quel pertugio. Imbiancare un’aula,
per ricoprire quella macchia di umidità dovuta ad infiltrazioni
è compito di chi sa farlo e non pretende nulla in cambio. Potremmo
continuare ma desideriamo spaziare in altri campi dove senza il volontariato
questa nazione sarebbe allo sfascio.
Parliamo ad esempio della manutenzione
dei giardini e del verde pubblico. Basta osservare
cosa c’è intorno a voi passeggiando per Colli Aniene e ci si
rende conto della differenza tra le aree mantenute dai cittadini e
le piccole savane, le jungle e i boschi oscuri dove la cura è
affidata semplicemente all’amministrazione pubblica. Panchine sommerse
dai rovi, prati percorribili solo su sentieri battuti posti tra pareti
di sterpi e di rovi, cestini pieni di cartacce che non vengono svuotati
con la dovuta tempistica fanno da contraltare a luoghi curati dal
cittadino che, oltre ad elargire una salatissima e indigesta tassa
per i servizi (TASI), si trova a sopperire all’assenza di chi si è
proposto di amministrare il bene pubblico solo per ricavarne un secondo
o un terzo introito personale.
Passiamo poi al volontariato presso gli ospedali
o nel sociale. I volontari non sono pagati, le loro
prestazioni gratuite sono solo per servire i pazienti in maniera esclusivamente
altruisticamente e senza alcun riconoscimento. È un servizio
sociale e umanitario che gratifica se stessi. Senza queste persone
gli ospedali vedrebbero decollare i costi di gestione, già
di per se altissimi, e perderebbero in umanità ed assistenza.
La stessa cosa si può sostenere nel sociale, dove l’assistenza
ai poveri, ai migranti, ai senza fissa dimora, ai bisognosi, agli
anziani e ai malati è spesso completamente abbandonata alle
parrocchie e alle associazioni di volontariato.
Per concludere, il volontariato è un grosso antidoto alla crisi
di coesione sociale che viviamo ma non può sostituirsi completamente
ai servizi pubblici “dovuti” al cittadino. È un contributo
a far sì che la società non sia costituita da singole
entità, ma da un'insieme di relazioni significative. In una
normale società civile questa cooperazione servirebbe ad aumentare
consistentemente il livello di vita ma nella nostra sembra rappresentare
“un’ancora di salvezza” per una politica sempre più
latitante.
Antonio
Barcella
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