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Ospedale Pertini e i presunti ritardi nei soccorsi

22 novembre 2017 - Muore una ragazza 14enne per aneurisma e già si parla dell’ennesimo caso di malasanità. L’accusa è quella di aver sottovalutato il caso ed aver eseguito la TAC dopo circa due ore dall’arrivo nel pronto soccorso. Non entriamo sul caso specifico, sarà compito della magistratura accertare lo svolgimento dei fatti e le responsabilità. Quello che vogliamo evidenziare in questo articolo è il quadro generale dei soccorsi in ospedale dopo i tagli alla sanità pubblica che hanno aggravato la situazione. L’ospedale Sandro Pertini è l’unico presente nel IV Municipio e serve un’utenza di quasi trecentomila persone. Centinaia di persone, ogni giorno, sono assistite dal pronto soccorso di questo policlinico e circa il 15 % di loro sono in codice rosso. Già definire il codice di assistenza in base alla sintomatologia del male accusato è una responsabilità che richiede tempo e viene fatta sulla base delle risposte fornite dal paziente in base ai criteri stabiliti dalle procedure. Nelle condizioni attuali di lavoro di queste strutture che operano ogni giorno a livello critico, è normale eseguire per un codice giallo una visita medica in circa un’ora e una TAC in poco meno di due ore. Piuttosto, la domanda da porsi sul caso della ragazza, è come mai un ospedale, che serve una porzione di territorio così vasto, non ha un reparto di neurochirurgia. I veri ritardi sono stati causati dal trasferimento della paziente dal Pertini verso il Bambin Gesù ossia nell’ospedale attrezzato per quel tipo di intervento. Due o tre ore che avrebbero potuto salvare una giovane vita.
Questa è la realtà che si osserva negli ospedali italiani, non fatevi condizionare dalle serie televisive americane ambientate negli “emergency room” dove 3 o 4 medici e altrettanto personale infermieristico sono pronti a soccorrere il malato di turno. Non scordiamoci che negli Stati Uniti il paziente paga di tasca propria o con salatissime polizze assicurative qualsiasi analisi o cura che riceve. Nella nostra nazione la situazione è ben diversa, lo Stato giustamente assiste tutti ma occorre fare i conti con le risorse economiche. Per questo è prassi usuale non avere neppure i posti letto necessari ad assistere tutti i malati ed è molto frequente osservare i malati parcheggiati nei corridoi occupando barelle o addirittura eseguire l’assistenza medica su poltrone o sedie.
La riduzione dei posti letto negli ospedali e la contemporanea assenza di un’organizzazione valida sul territorio è un micidiale cocktail che, in certi periodi come durante l’apice dell’influenza invernale, provoca l’intasamento dell’assistenza di pronto soccorso e ritardi che possono mettere in pericolo una vita anche con la massima professionalità del personale ospedaliero. Se su circa 20 milioni di accessi l’anno al pronto soccorso solo il 15% è ricoverato, vuol dire che nell’85% dei casi ci si trova di fronte a una richiesta che con molta probabilità e in alte percentuali avrebbe anche potuto avere una soluzione in strutture territoriali opportunamente organizzate, ma oggi del tutto carenti. E poi non dimentichiamo che, ogni giorno, nel Pronto Soccorso del Pertini e di tanti altri ospedali vengono strappate alla morte tante vite umane e non sempre è facile distinguere una banale influenza intestinale da una peritonite o un aneurisma da un forte mal di testa.
Possiamo concludere che la morte di una sola persona fa molto più rumore di tante vite che ogni giorno vengono salvate in condizioni di usuale emergenza da bravi medici e personale infermieristico.

Antonio Barcella
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