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novembre 2017 - Almeno tra noi cittadini, che contiamo
poco o nulla, raccontiamoci la verità senza mezze parole:
per un attimo abbiamo creduto tutti alle parole di un ministro
della Repubblica che annunciava l’esercito contro i roghi
tossici per poi rivalutare tutto quando il passaggio del tempo
trasforma questa specie d’impegno nella classica “balla
spaziale” di cinematografica memoria. L’annuncio
dell’impiego dell’esercito, alla luce dei fatti, appare come
un contentino dato alla Commissione Parlamentare sulle Periferie
che ha chiamato in causa le istituzioni per l’inerzia su questo
grave problema. La “tolleranza zero e le misure straordinarie
per il controllo del territorio” sono tutt’ora misure
inapplicate e i quartieri continuano ad essere invasi da fumi
e diossina frutto di incendi dolosi di materiale plastico
e altri rifiuti illeciti.
Una promessa che è diventata come tutte le precedenti:
atta solo a guadagnare tempo in attesa che qualcun altro occupi
la scomoda poltrona e riceva il passaggio di questa patata
bollente. Perfettamente in linea con le parole di un ex Prefetto
che giustificava la mancata perseguibilità del reato
perché i roghi venivano appiccati da minori e pertanto
non perseguibili. Ma la verità ha sempre due facce:
il fatto che il minore di quattordici anni non possa essere
processato e condannato, non significa, infatti, che lo stesso
debba incondizionatamente essere lasciato libero di continuare
a commettere reati. Se viene accertata, infatti, attraverso
criteri legali stringenti, che il minore non imputabile, è
soggetto pericoloso, lo stesso potrà vedersi applicare
una “misura di sicurezza”. Con il termine “misure di sicurezza”
si intendono una serie di provvedimenti, di diversa intensità
(es. l’obbligo di permanere in casa oltre una certa ora, il
divieto di frequentare determinati luoghi, il riformatorio
giudiziario, ecc) la cui funzione è quella di evitare
che il minore possa commettere altri reati.
A fronte dei mancati impegni si aggrava la situazione: secondo
quanto riportato da
un articolo del quotidiano il Tempo “continuano ad
aumentare i valori di veleni rilasciati nell’aria a causa
dei roghi tossici, in particolare nei pressi di campi rom
come quello di via di Salone e alla periferia Est della Capitale.
Lo rivela il nuovo dossier dell’Arpa Lazio che, dopo la richiesta
urgente da parte dei cittadini e dell’assessorato all’Ambiente
capitolino, ha avviato una campagna di monitoraggio per determinare
i pericoli derivanti dalla combustione incontrollata di materiali
plastici. Il dato più preoccupante è quello
dei livelli di diossine da depositamento.”
Per concludere, non bastano le leggi sulla perseguibilità
di un reato ambientale se poi non c’è la volontà
di farlo e le parole, in mancanza dei fatti, diventano
solo “balle” raccontate ai cittadini.
Antonio
Barcella
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