4
aprile 2018 - C’era una volta, tanto e tanto tempo
fa, un parco bellissimo nel cuore di Colli Aniene dove i bambini
giocavano felici correndo sui prati curati sotto gli occhi
attenti delle mamme e dei papà. Era un luogo meraviglioso
dove le fontane pulite spingevano verso il cielo grandi spruzzi
di acqua che donavano refrigerio nelle calde giornate estive.
Alberi colmi di agrumi maturi davano una pennellata di colore
nel verde diffuso. Anziani seduti lunghe le gradinate sembravano
assorti nella lettura del libro o del giornale, godendo del
caldo tepore del sole, ma in realtà traevano beneficio
dall’allegria dei bambini intenti a correre sulle biciclette
o sugli skate. Un luogo sempre pieno di gente richiamata dalla
possibilità di poter scambiare qualche parola con il
vicino di casa o con gli amici. Nell’ora di pranzo tanti impiegati
si riversavano nel parco per consumare velocemente un pasto
frugale prima di rientrare negli scomodi spazi dei propri
uffici. Un luogo dove regnava la felicità e dove il
sorriso di un bambino non era negato a nessuno. Ma come accade
spesso nelle favole tanta felicità riesce in molti
casi a destare solo l’invidia di chi non sopporta l’allegria
del popolino. In un giorno grigio d’inverno il vecchio re,
ormai stanco, abdicò lasciando il proprio trono alla
perfida figlia la Regina di Picche nota per le sue propensioni
verso la magia e le scienze occulte. Quando il tesoriere con
le casse vuote si presentò davanti a lei e le illustrò
la poco brillante situazione economica, la regina andò
su tutte le furie e decise di applicare su tutto il regno
i suoi principi rigidi di legalità pensando che applicare
la legge alla lettera fosse il modo migliore per evitare sprechi
e tornare a riempire i propri forzieri. Aveva trascurato che
le leggi, spesso scritte male o per proprio tornaconto personale,
non sono sempre dalla parte del popolo e se il popolo soffre
chi lo governa non gode di ritorni positivi.
Il
parco della felicità si trasformò in un paesaggio
da incubo, dove prima c’erano i bambini e le persone con la
propria allegria ora si trovava solo il deserto e la solitudine.
La linda fontana era diventata una vasca di fango dove galleggiavano
arance imputridite cadute dagli alberi non curati. L’erbaccia
cresceva folta e i primi rovi si affacciavano a mordere le
caviglie di qualche incauto. Il divieto di accesso agli animali
veniva costantemente ignorato da chi portava i cani ad espletare
i propri bisogni. Chi curava l’area si ritrovò senza
lavoro da un giorno all’altro e, oltre al dramma dei lavoratori,
diminuirono ulteriormente gli introiti del regno facendo infuriare
ancora di più la Regina di Picche. I rifiuti, naturali
e artificiali, si accumulavano lungo i vialetti e il luogo
diventò presto il ricordo di quello che era stato poco
tempo prima. Quel piccolo paradiso terrestre era ormai svanito
per sempre e nessun principe azzurro arriverà più
nel quartiere per riportarlo ai fasti di un tempo.
Scusate ma questa favola non ha un finale lieto come tutte
le altre… anzi in questo momento non si scorge proprio un
finale per questa triste storia.