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L’Università Popolare Michele Testa è con Willy, contro il virus della violenza, per riflettere su quanto accaduto

13 settembre 2020 - Il fondatore e leader dell’Università Popolare Michele Testa, che opera a Tor Sapienza e Colli Aniene, professore e filosofo Nicola Marcucci ha scritto una lettera aperta ai giovani e alla comunità di ARTENA. Il contenuto richiama tutti a riflettere sul virus della violenza che si sta propagando velocemente nella nostra società con la conseguente perdita di valori e di socialità. Un giovanissimo, Willy, ha pagato con la vita il suo altruismo che l’ha portato a intervenire in soccorso di un suo amico aggredito dal “branco”. Occorre che tutta la comunità inizi a riflettere su quanto accaduto.


LETTERA (QUASI) APERTA ai giovani e alla comunità di ARTENA, sono uno dei “vostri” e per vari motivi, ho educato ed istruito, nel triennio 61-64, alcuni di voi come insegnante di lettere nella locale scuola media statale, quella con il latino, materia di per se difficile ma soprattutto da insegnare ad alunni provenienti dal mondo agricolo-pastorale; … sono stato vostro concittadino e abitato a Maiotini negli anni ’90 / 2000; ho ancora i miei suoceri tumulati nel vostro cimitero; molti alunni provenienti da Artena li ho poi avuti all’Istituto Tecnico Industriale di Velletri nel triennio 65-68; ho subito difeso la vostra terra dalle maldicenze di chi diceva di Artena, paese dove si piantano cavoli e nascono briganti. Non vi dico poi quanta fatica mi costò…l’avermi amati, quando ho intrapreso una ricerca storico archivistica durata 10 anni, con il risultato di aver scoperto il processo dal punto di vista politico più importante dell’intera storia italiana legato alle vicende di un vostro figlio, anarchico, attentato mancato alla vita di Umberto I nel 1897. Una ricerca basta su circa 10.000 documenti poi pubblicata in dispensa universitaria nel ’81 con prefazione di Franco Ferrarotti, con parte storica del sottoscritto e parte sociologica dovuta a Marcello Santoloni.
Questa ricerca era stata motivata proprio dalla volontà di rispondere alle maldicenze che correvano sul vostro e mio amato paese.
E ne ho trovato di peggio: Artena, paese di delinquenti nati, l’ergastolo come unico strumento di risanamento di Artena, sentenze di carattere lombrosiano dovute ad uno dei sociologi più famosi dell’ultimo 800 e dei primi del ‘900, Scipio Sighele e perfino usate come aggravanti nei processi contro Pietro Acciarito, l’anarchico individualista cui ho accennato nel paragrafo precedente
Vi ho difeso da queste accuse mettendole in connessione con il fallito attentato, per il quale il vostro concittadino ha patito sofferenze fisiche, psiche e morali indicibili a causa del suo gesto per le quali ha pagato un prezzo troppo grande rispetto a un peccato veniale di cui poteva anche essere perdonato da uno che passava come re buono.
In quel libro (Gli ingranaggi del potere) ho difeso voi ma anche lui perché, nella situazione pre-rivoluzionaria di fine secolo, il suo voleva solo essere un appello alla difesa di centinaia di disoccupati nella capitale da cui venivano espulsi con la forza migliaia al giorno. E, il mancato attentatore voleva attirare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla situazione drammatica che stava vivendo la classe operaia in particolare e l’Italia in generale.
Ma veniamo all’oggi e cominciamo con il dire che finora le vostre istituzioni hanno fatto il meglio che ci si potesse attendere nella situazione emergenziale nella quale siamo oggi costretti a vivere: lutto cittadino, con serrande abbassate dalle 10 alle 11, campane a morto, sottoscrizione a favore della famiglia del giovane assassinato WILLY DO NASCIMENTO RIBEIRO, costituzione di parte civile, ecc. ecc.
Complimenti, ma non basta e io mi metto a disposizione per capire, con indagini scientifiche, il grado di virus della violenza che sicuramente si è iniettato nell’animo sia pure di pochi altri giovani artenesi. Indagine che io estenderei a tutta la provincia di Roma, compresa la capitale, perché la violenza che è partita da Artena potrebbe diventare un focolaio che si potrebbe sviluppare in un altro paese per diffondersi altrove, perché, a mio parere, la violenza bruta forse alberga non solo nel paese di Acciarito
Io indagherei non solo i giovani ma l’intera popolazione al fine di prevenire e di scongiurare nuovi fatti di sangue.
Perché è facile trovare il colpevole/i colpevoli, che forse già sono stati individuati e trovare una giusta punizione. Ma, colpendo loro, e facendo condannare loro, noi ce la caveremmo escludendoci da ogni responsabilità.
No, non esiste mai un solo colpevole, perché chi impugna un’arma lo fa non solo rispondendo al proprio istinto peggiore, ma lo fa anche e soprattutto in nome di qualche altro e in nome di qualche pseudo-idea. Fuori i mandanti, ma non per mandarli tutti all’ergastolo perché i sistemi punitivi sono una risposta sbagliata ad una domanda che tutti ci dobbiamo porre: cosa posso fare io per evitare che succedano cose del genere? E che colpa ne ho io di quello che è successo? La violenza non abita solo ad Artena, ma in qualche modo abita anche in noi stessi. Liberiamocene.
Come ho cercato di farvi capire, questa lettera è fatta né per condannare, né per assolvere, ma solo per riflettere, capire e decidere che cosa e in che modo fare tutti qualcosa per arrestare ogni genere di violenza.
E per applicare un principio filosofico, citando solo Platone, vi voglio ricordare la natura di 3 cavalli che trainano l’anima umana: il primo rappresenta l’anima razionale, il secondo l’anima irascibile e il terzo quella concupiscibile. Il secondo è animato di forza buona, il terzo di forza bruta. Occorre un’alleanza tra l’anima razionale e quella irascibile per domare il terzo cavallo simbolo della più condannabile delle sopraffazioni, la più animalesca come quella che ha armato la mano omicida di chi ha commesso un orrendo delitto che chiama in causa anche noi stessi, anime belle, più capaci di autoassolverci e di condannare che di fare cose socialmente utili. Oggi, anche noi artenesi, di cuore e legalmente residenti, dobbiamo fare qualcosa per evitare che gesti del genere avvengano non prendendo magari la prossima volta l’avvio da Artena ma da qualsiasi parte del nostro pianete.
Con questa lettera aperta faccio appello a tutti i miei colleghi filosofi, psicologi, sociologi, antropologi, uomini di cultura a metterci al lavoro a caccia del maledetto virus chiamato Violenza.
Per me è la cultura lo strumento risanatore non solo di Artena.
Cittadini di tutto il mondo, uniamoci contro ogni genere di violenza. Nicola Marcucci
"

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