Due
modi di abitare nel quartiere Tiburtino III, a Roma
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24
marzo 2021 - Storie di assoluta povertà accadono
ancora in una città che si definisce una metropoli
europea. Vicende toccanti, che fatichiamo perfino ad immaginare
in una baraccopoli, si verificano invece nella periferia di
una città millenaria come Roma. In questi due fatti
che ci ha raccontato un nostro caro lettore riscontriamo il
fallimento di tutti: istituzioni, parrocchie, cittadini e
perfino il mondo del volontariato che, spesso, si sostituisce
alle mancanze croniche dello stato.
«Una signora che conosco, che incontro ogni tanto
e che mi racconta le sue vicissitudini, si è adattata
a vivere in un lavatoio di una casa popolare. E' la gattara
che porta da mangiare ai gatti di via degli Alberini. Ne scrissi
tempo fa su un noto settimanale. Trascrivo qualche riga: "Un
lungo corridoio tra i cancelletti gialli e rossi delle cantine,
e giungi al lavatoio. Povera gattara, ha appeso persino dei
quadri alle pareti. Un po’ di luce assieme alla polvere arriva
da una piccola grata che dà sul marciapiede. Su uno
dei ripiani per lavare, un fornelletto da campeggio. Una cassetta
di legno vicino al letto fa da comodino. Nella cassetta ci
si è sistemata la sua gatta. L’acqua c’è. Tanta
acqua. Tanti rubinetti che versano nelle grosse vasche. Non
ci sono servizi igienici. Non ci sono, ovviamente, termosifoni.
D'inverno fa molto freddo. La gattara fa i bisogni sui giornali,
poi mette tutto in una busta di plastica, assieme al terriccio
dove fa i suoi bisogni la grossa gatta, e li getta nei cassonetti
per la raccolta differenziata. Ma agli inquilini del palazzo
la faccenda dei bisogni nei cassonetti non va giù.
Agli inquilini del palazzo non va giù neppure che la
gattara e la sua bella gatta dal pelo bianco pezzato di nero,
vivano nelle cantine. Non sta bene. Non è una bella
cosa. Così dicono". Sono trascorsi quasi cinque
anni da allora, e la signora che ama i gatti è ancora
nel lavatoio. Vive nell'illusione che un giorno il Comune
le assegni un piccolo appartamento. Una cosa è cambiata:
i cassonetti sono stati portati nella strada, lontano dall'edificio,
e quindi agli inquilini poco importa se la signora vi getti
i bisogni suoi e della sua gatta.
Una signora, invece, che non conosco e che credo sia anche
difficile conoscere, si trova in un luogo assai peggiore di
un lavatoio. Vive in un paio di metri quadrati di un'aiuola,
a pochissima distanza dalla stazione metropolitana di Santa
Maria del Soccorso. Ha recintato il fazzoletto di terra con
una rete di plastica e vi ha accatastato dei pezzi di armadio,
che qualche mattina fa le ho visto spolverare con gran cura.
C'è anche una sedia e un vaso con una pianta finta.
Con tavole e teli ha costruito un riparo per il letto. Immagino,
perlomeno, che sotto quelle tavole ci sia un letto, o forse
solo un materasso. E' difficile parlare con questa signora,
conoscerla, dicevo, giacché, poverina, appena vede
qualcuno passare nei pressi della sua dimora, comincia a gridare:
"Andate via, andate via!". Anche lei forse, come
la gattara, sogna una casa vera. Renato P.»
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