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UPMT - La pandemia: dal dramma mondiale alle opportunità per uscirne in positivo
"Che fare? Una delle soluzioni: La Cooperazione" di D. Coratella

10 dicembre 2021 - A partire da oggi pubblicheremo una serie di articoli realizzati dai Docenti e dagli Allievi dell’Università Popolare Michele Testa (UPMT). Questi articoli spazieranno su vari argomenti: sulla condizione giovanile, su quella dell’infanzia, sul lavoro, sulla sanità, sulla mobilità, sull’ecologia, su una nuova pedagogia, sulla politica territoriale, sull’utopia, sulla cultura, su una nuova educazione civica, sull’amministrazione, sulla cooperazione. La cosa più bella e rivoluzionaria dell’uomo è che ognuno metta a disposizione il suo sapere e la propria cultura per l’umanità che verifica, impara e applica.
Oggi pubblichiamo una parte del testo redatto dal Presidente dell’UPMT Domenico Coratella che potrà essere letto in maniera integrale nella pagina “Pubblicazioni” dell’Università Popolare Michele Testa.

«Introduzione - Prima di tutto: cos’è una cooperativa? E’ un’esperienza che possiamo vivere ogni qualvolta ci si trova a lavorare in un gruppo persone che hanno lo stesso scopo o lo stesso traguardo da raggiungere, insomma quando si COOPERA.
Sono entrato, nel 1974, in un mondo e una realtà economica che dalle regioni dell’Emilia, della Toscana, Umbria e della Lombardia stava lentamente allungando le sua propaggini in tutta Italia e soprattutto nel Lazio.
Ho assistito all’espansione di una forza economica, quella legata all’intero Movimento Cooperativo, quello che oggi si chiama “Alleanza delle Cooperative Italiane”, che ha raggiunto il terzo posto nell’economia Nazionale.
Ho assistito alla crisi degli anni novanta che, in parte, è stata crisi di identità e crisi dovuta a crescite aziendali tumultuose, comunque non paragonabili alla contemporanea crisi della partecipazione democratica all’interno della gestione aziendale.
Ho assistito e ancora oggi vivo la difficile ripresa, non solo economica ma anche dei valori precipui del produrre e gestire collettivamente, tipici della Cooperazione.
La pandemia mondiale, il Covid-19, ha bloccato momentaneamente questa ripresa e anzi, nella crisi economica mondiale che ne è scaturita, LA COOPERAZIONE, io ritengo, potrà essere UNA risposta che fa avanzare la coscienza dei “quei lavoratori” che credono nel lavoro come risposta al loro bisogno di dignità come esseri umani, inseriti in una comunità di liberi e uguali.
L’obiettivo di queste righe è quello di suscitare una coscienza COOPERATIVA, base di ogni organizzazione economica e di lavoro o di associazionismo in genere.

L’argomento è vasto e ho pensato di dividerlo in capitoli per rendere, spero, la lettura più comprensibile e conseguente.

1. L’ORGANIZZAZIONE STATALE: il funzionamento della macchina dello Stato e la burocrazia;
2. LA SCUOLA E LA CULTURA: cosa riformare e perché;
3. LA PANDEMIA: crisi umana ed economica ma nuova opportunità.
4. L’ECONOMIA: capitalismo liberale o liberista, regole o anarchia;
5. LE BANCHE: il ruolo della banche nelle ultime crisi del capitalismo liberista;
6. LE IMPRESE IN CRISI E I LAVORATORI NEI GUAI: prodotti scarsamente competitivi, delocalizzazioni, difficoltà del credito. Pagano sempre i lavoratori.
7. LA COOPERAZIONE: una soluzione possibile;
8. I LAVORATORI: imprenditori di se stessi;
9. LA RIVOLUZIONE DIGITALE: nuovo strumento di partecipazione
10. CONCLUSIONE.


L’organizzazione Statale

Come sfrondiamo l’apparato dello Stato dagli orpelli ottocenteschi, dalle incrostazioni burocratiche incomprensibili e come lo incardiniamo sulla Costituzione?
Gli strumenti di rappresentanza che la Costituzione prevede sono ancora validi? Dobbiamo immaginarne di nuovi e più adeguati alla diversa e più diffusa capacità dei singoli di partecipare alle decisioni collettive? Il Mandato di rappresentanza ha bisogno d’intermediazioni o no?

Queste domande hanno riempito e riempiranno pagine d’inchiostro di politologi, giornalisti e filosofi, che stanno tentando di dare risposte appropriate.

La rivoluzione digitale, di cui noi cogliamo forse per intuito la grande forza rivoluzionaria, deve, secondo me, ancora espandere e permeare della sua speranza innovatrice l’intera umanità.
La sua carica egualitaria però già s’intravede attraverso il possibile accesso al sapere e alla conoscenza, di una parte sempre maggiore della popolazione mondiale, sia umanistica sia scientifica.

E mentre appaiono sempre più anacronistici quei movimenti nazionali che, facendo forza sulle contraddizioni della mondializzazione, spingono alla chiusura dentro confini non più contenibili, proprio grazie alle tecnologie digitali ci accorgiamo che la democrazia rappresentativa non basta più, almeno per come l’abbiamo intesa dal dopoguerra a oggi, e che dobbiamo farne quantomeno manutenzione.

L’urgenza di questa manutenzione è sotto gli occhi di tutti. Il populismo più arretrato e la demagogia di movimenti, che spesso e volentieri ripercorrono territori della destra più oltranzista che ha prodotto solo disgrazie e lutti, hanno, in situazioni di “passaggio” e “confusione”, sempre più presa in una popolazione di proposito spaventata dalla mancanza di “sicurezze” garantite fino agli anni ottanta.

Pare ovvio, a questo punto, che il problema è culturale. E ogni cambiamento culturale non può prescindere da una maggiore attenzione e da un sensibile investimento nel “Sistema Scolastico”. Non potrebbe essere diversamente, ogni trasformazione della società DEVE iniziare da lì. Il cambiamento inizia sui banchi di scuola e dobbiamo immaginare un nuovo metodo d’insegnamento partendo dai Nidi per arrivare alle Università.

La scuola e la cultura

Davvero noi dobbiamo immaginare un nuovo metodo? Sicuramente un aggiornamento dell’insegnamento elementare, medio e medio superiore, magari recuperando alcune certezze del recente passato coniugandole alle moderne tecniche di comunicazione, è necessario e doveroso (molti esperti del settore sono concordi con questa necessità). Ma se rivolgiamo la nostra attenzione ai nidi e alle università (alla qualità intrinseca dell’insegnamento e non alla possibilità economica dell’accesso), ci accorgiamo che non abbiamo molto da cambiare e che anzi, in molte circostanze (i nidi di Reggio Emilia e Modena), abbiamo fatto avanguardia nel mondo.
Questa avanguardia DEVE diventare norma e prassi in tutto il Paese.

Le nostre Università, malgrado le difficoltà spesso anche solo logistiche, per non parlare di quelle burocratiche, continuano a sfornare studenti che, se in Italia hanno una grave difficoltà ad occupare le posizioni apicali, all’estero hanno un riconoscimento universale tale che li ritroviamo nelle Scienze, nella Ricerca, nell’Arte e nelle discipline Umanistiche, a dirigere organizzazioni e teams ai massimi livelli mondiali.

Il “sistema scolastico” quindi, nel suo complesso, con modifiche anche nei contenuti, negli accessi intermedi, è un sistema che ha un solo punto debole: il suo sfruttamento universale. Tutti i nati sul territorio Italiano DEVONO poter accedere a questo “sistema” a prescindere dalle possibilità economiche e devono poterne usufruire almeno fino ai 18 anni, corrispondenti alla fine della media superiore.
L’insegnamento fino a quell’età potrà e dovrà essere il più completo e multisettoriale possibile e consentire una crescita e una base culturale sostanziosa per i passi successivi.

A questo punto, per scelta libera e individuale, senza ostacoli di nessuna natura, tutti coloro che, anche su indicazione degli insegnanti, vorranno continuare con gli studi universitari dovranno poterlo fare anche attraverso il sostegno economico, perché è “interesse comune” che questo avvenga.
D’altra parte, tutti coloro che al contrario vorranno intraprendere carriere immediatamente produttive, attraverso corsi e master di specializzazione, potranno realizzare le loro aspettative con l’assistenza dello Stato, qualora non si avessero le disponibilità economiche.

In una società dove l’accesso alla Cultura è patrimonio di tutti perché alla base c’è un sistema scolastico non discriminatorio e assolutamente paritario (dal punto di vista dell’accesso), si svilupperà una coscienza dell’inclusione che è fondamento di ogni organizzazione sociale.
Organizzazione che ponga lo sviluppo dell’Essere Umano al centro, e quell’immenso organismo vivente che è l’Universo, come cornice del quadro meraviglioso che siamo chiamati a dipingere, vivendo ogni giorno, la nostra vita.

La pandemia

La “Nuova Consapevolezza”, acquisita nel tempo con questa organizzazione scolastica, potrà avere delle accelerazioni dovute ad avvenimenti assolutamente inaspettati. In questo momento il mondo si trova esattamente in uno di quei frangenti dove ci si rende conto che o “ci si salva tutti insieme o non si salva nessuno”. La pandemia scatenata dal Covid-19 ha colto di sorpresa praticamente tutti gli Stati e i loro governi. Gli apparati di comando si sono trovati a gestire un problema che si era già presentato ai primi del novecento ma con una diffusione di scambi internazionali di cose e persone mille volte amplificati. E per quanto incredibile sia, invece di tornare istintivamente a proteggere ognuno i propri confini e il proprio “particolare”, si è percepito al contrario che il mondo è interconnesso, che non esistono confini che proteggono, colori di pelle che preservano, ricchezze che discriminano. Cogliere da questi avvenimenti e far avanzare, nella coscienza individuale, le soglie dell’inclusione e la consapevolezza di un destino comune, è compito dei politici più avveduti ma anche di ogni uomo di buona volontà.

Per il principio di realtà, non possiamo prescindere dall’attuale organizzazione socio-economica per modificarla e adeguarla alla nostra idea di convivenza. Tralascio l’analisi di come ci siamo trovati a questo punto: mediamente, noi che privilegiamo il primato dell’eguaglianza su quello dell’individualità, ci riconosciamo in una lunga lotta di liberazione (da quando l’uomo ha preso coscienza della sua “persona”) dall’oppressione del più forte, del più furbo, del più ricco… (Segue) – di Domenico Coratella»

(prosegui la lettura)

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