Il
centenario di Pier Paolo Pasolini e il suo particolare legame
con il territorio di Roma Est
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21
gennaio 2022 - Fra pochi giorni, il 5 di marzo, ricorrerà
il centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini. Fu poeta,
sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo ma
soprattutto i suoi scritti suscitarono polemiche e dibattiti
perché si schierò apertamente contro le abitudini
borghesi e contro la società dei consumi. Ma oggi vi
vogliamo parlare del particolare legame che ebbe con il territorio
periferico tra il tiburtino e il prenestino in cui ambientò
il suo romanzo più conosciuto “Ragazzi di vita”. In
pratica faremo un’escursione su come era il territorio dove,
poco più di una decina d’anni dopo, sorgerà
il quartiere di Colli Aniene. Pasolini visse per un certo
periodo a Rebibbia (via Giovanni Tagliere, 3) e fu proprio
in quel luogo che conobbe la Roma delle borgate con la sua
gente e i tanti dialetti parlati da coloro che si riversarono
nella capitale per vincere la carestia della guerra.
Il
romanzo di Pier Paolo Pasolini “Ragazzi di vita”, pubblicato
nel 1955, racconta la storia di alcuni adolescenti appartenenti
al mondo del sottoproletariato urbano che vivono di espedienti
arrangiandosi come possono, cercando di accaparrarsi ogni
genere di oggetto che possa essere rivenduto. I personaggi
di Ragazzi di vita si riconoscono tra di loro con un nomignolo
derivante da qualche caratteristica o difetto fisico: Riccetto,
Lenzetta, Caciotta, Begalone, Mozzone, Alduccio, Sgarone,
ecc. Sono adolescenti di 15-16 anni o giovani avviati verso
la maggiore età, ma alla ricerca di “lavori” che si
muovono pericolosamente, sul limite della legalità.
Vagano continuamente da un quartiere all’altro, o dalle borgate
al centro storico stando accorti ad evitare incontri con le
forze dell’ordine. Il libro è ambientato nella Roma
del secondo dopoguerra quando la miseria era più tiranna
che mai. Pasolini ebbe in quel periodo un rapporto particolarmente
intenso con il mondo delle borgate romane e con la periferia
della città di Roma. Conobbe a fondo quartieri come
Pietralata, Rebibbia e Tiburtino e farà lì le
sue prime amicizie romane.
Il protagonista del romanzo è Riccetto, un ragazzo
di grande generosità, sebbene si comporti spesso da
delinquente. La scuola che ospita gli sfrattati delle borgate
è ridotta in uno stato deplorevole e, anche a causa
degli inadeguati controlli tecnici ed edili, un giorno crolla
all'improvviso, seppellendo e uccidendo la madre del Riccetto
e, dopo un disperato ricovero in ospedale, anche il suo amico
e compagno Marcello. Un episodio che segnerà per sempre
la vita del ragazzino. Però non è della trama
che vogliamo parlarvi oggi, ma desideriamo focalizzare l’attenzione
sugli stralci del libro che descrivono il nostro territorio
come era allora. Colli Aniene ancora non esisteva, era una
zona umida che il popolino chiamava marrana, ma alcuni riferimenti
indicano che l’ambientamento di parte della storia si è
svolto proprio in questa zona prima che la città arrivasse
a coprire di cemento questo lembo della campagna romana.
“Dove il camion s'era fermato, poco prima d'entrare in
borgata, c'erano da una parte e dall'altra della strada distese
di campi che dovevano esser di grano, ma ch'erano tutti pieni
di fratte, buchi e canneti; e più avanti un orto, con
gli alberi ancora più vecchi del casolare cadente,
e non potati più almeno da una ventina d'anni. Il fossatello
era pieno d'acqua nera, e passeggiavano su e giù per
l'erba e la terra ancor più nere delle vecchie papere
sbandate. Poco più in là del casolare finivano
i campi di grano, sperdendosi come andava andava su delle
cave abbandonate e ridivenute anch'esse campi, tutti spelacchiati,
buoni per i greggi sabini o abruzzesi di passaggio, e interrotti
qua e là da burroncelli e strapiombetti.”
Il sesto capitolo è quello del “Bagno sull’Aniene”
e si svolge nel tratto di fiume vicino a Ponte Mammolo: “I
ragazzi che erano andati a buttarsi alla draga, arrivavano
urlando aggrappati a delle zatterette di canne. – Traversamo
fiume, – gridò Alduccio da sotto, e si gettò
in acqua…..Un rivoletto bianco come la calce la tagliava a
metà, tra la fanga indurita e le vecchie fratte, sotto
il muro della fabbrica della varecchina, coi suoi serbatoi
verdi e i muretti color tabacco, senza finestre. Il Begalone
andò sotto lo scolo bianco della varecchina a bagnarsi.”
Purtroppo il fiume Aniene, anche allora, era preda di scarichi
abusivi che inquinavano il corso d’acqua. Poco è cambiato
al giorno d’oggi. La situazione inquinamento è ulteriormente
peggiorata senza che si sia fatto granché per evitarla.
Altri scorci paesaggistici nel proseguimento del capitolo
che possono essere riconosciuti dai lettori più attenti:
“Venivano ancora cricche di ragazzini da in fondo alla
curva, tra le stoppie che qua e là bruciavano lentamente
sulle scarpate della Tiburtina, sul ciglione del fiume, scoppiettando
sotto le piccole lingue di fuoco. Venivano due o tre alla
volta, baccajando e zompando contro la campagna vuota con
in fondo le pareti bianche del Silver Cine (ndr=è l’ex
cinema Tristar posto all’inizio di via di Grotta di Gregna)
e la gobba del Monte del Pecoraro (ndr=situato tra Pietralata
e Tiburtino III). Andarono in fila per il sentiero lungo l'Aniene,
salirono su per la scarpata quasi a strapiombo sulla Tiburtina
e imboccarono ponte…Voltarono fuori dalla Tiburtina su per
via Casal dei Pazzi che puntava tra le grandi spianate dei
campi coltivati, coi solchi a zig zag, e i piccoli fabbricati
bianchi di calce, i cantieri, i mozziconi di case. Non c'era
un'anima, e sotto il sole che cuoceva l'asfalto della strada
e l'agro si sentiva solo la voce del Riccetto che cantava.”
Nel proseguimento del racconto c’è un chiaro riferimento
alla zona adiacente il nostro quartiere il casale antico di
Boccaleone: “Alcuni se ne andarono diretti a casa per
via Boccaleone (ndr= si tratta di via Monte Boccaleone o Buccalione
posta accanto all’area di via della Martora), altri invece
stettero ancora in giro: si fecero piano piano il pezzo dal
fiume ai primi lotti di Tiburtino, e si fermarono per una
mezzoretta davanti al Silver Cine a guardarsi i cartelloni
e a farsi dispetti. Poi andarono giù, ancora, tra i
cespugliacci d'oleandri della Tiburtina, fino a che arrivarono
alla fermata dell'autobus, ch'era il centro delle pipinare
dei ragazzini e delle cricche dei giovincelli, nel piazzale
davanti al Monte del Pecoraro.”
Ma dove il riferimento è ancora più chiaro e
si resta più sorpresi è quando si cita la linea
autobus ancora esistente del 309 e si accenna a Santa Maria
del Soccorso e alla borgata di Tiburtino III: “Davanti
al Monte del Pecoraro c'era un gran piazzale e vicino al cartello
con la scritta «Fine zona – Inizio zona», poco
prima di dove cominciava la gran distesa dei campi fino all'Aniene,
s'alzava la vecchia pensilina del 309 che a quel punto svoltava,
lasciando la via Tiburtina, e puntando tra i lotti della Borgata
verso la Madonna del Soccorso. Alduccio abitava, come il Begalone,
al IV Lotto, in fondo alla via centrale della borgata, poco
dopo lo spiazzo del mercato, con la fila dei lampioni che
accendendosi all'imbrunire, lungo i lotti non più alti
di due piani, davano l'impressione di trovarsi nel rione povero
di qualche stazione balneare, con la strada che dietro la
breve scesa pareva si sperdesse contro il cielo sfuocato,
coi rumori della gente che tra le pareti sonore, nei cortili,
stava cenando o si preparava alle ore della notte.”
Potremmo continuare ancora ma lasciamo a voi la possibilità
di trovare altri riferimenti al territorio e scoprire uno
squarcio di Roma che, forse, esiste ancora pur essendo profondamente
cambiata.
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