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Giovedì 24 novembre – Presentazione del libro di Sonia Lippi “Chi me l’ha fatto fare/storia di una donna qualunque”

21 novembre 2022 - Ho ricevuto questo articolo di presentazione del libro di Sonia Lippi sulla violenza verso le donne da parte dell’amico Luigi Matteo con l’autorizzazione a modificarlo o a tagliare le parti superflue. Di solito sono favorevole ad articoli più brevi che possono attirare subito l’attenzione del lettore. Ma di questo articolo condivido ogni parola, ogni frase, ogni contenuto perché deve far riflettere tutti su questo assurdo fenomeno di brutalità contro la donna. Per questo vi invito a leggerlo e a partecipare alla presentazione di giovedì prossimo presso il Museo Nena.
Il 24 sera alle ore 19,30 il Centro Fidia-Museo Nena di Via Edoardo D’Onofrio 35 ospiterà una manifestazione di forte impatto e di grande attualità. Ci sarà la presentazione di un libro che purtroppo ha a che fare con il devastante problema dei giorni nostri riguardante la vigliacca violenza sulle donne. Non a caso viene presentato alla vigilia della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Abbiamo ricevuto questa breve pagina di presentazione del libro da parte del direttore artistico dello stesso Centro culturale Luigi Matteo. Ve la proponiamo per intero.
« L’importante è cominciare a ribellarsi. Ed effettivamente, come scrive Sonia Lippi, un panino rivoluzionario può bastare. Accompagnato magari da un sovversivo Gatorade. E’ l’incipit inaspettato del romanzo: Chi me l’ha fatto fare/storia di una donna qualunque, Collana Latitudini - Echos edizioni - Giaveno (TO) 2022. Un libro che consiglierò, anzi comprerò in più copie, perché lo abbiano a portata di mano le mie nipotine. Nella mia carriera scolastica alle Superiori, ho sempre raccomandato alle ragazze di non permettere al partner nemmeno una piccola spinta, un innocente scappellotto, un toccamento di capelli non autorizzato. Perché di lì, passati i primi tempi dell’amore cieco, si passerà ad altro. Mettiamo i paletti prima che sia tardi.
Le frustrazioni maschili non si contano, sono infinite. Ogni femminicidio ha a monte un uomo frustrato. Non è una frase apodittica. E’ solo l’amara realtà. L’uomo equilibrato non arriva mai agli eccessi, troverà delle soluzioni, talvolta amare e sofferte ma le troverà. L’uomo fallito non ammetterà mai la sua sconfitta.
Dopo i vent’anni cominciano i primi bilanci della propria esistenza e ci si accorge che spesso premesse e risultati sono fallimentari. Ma si fa fatica ad accettare e non si vuol ammettere l’insuccesso. Le difficoltà per risorgere sono troppo in salita, dure, insormontabili. Ci si guarda attorno, si fanno paragoni. Quelle che sembrano delle alternative, delle soluzioni alla propria insoddisfazione si presenteranno e si sceglieranno, ma ahimé sempre al ribasso. La palestra, il tatuaggio, (absit iniuria verbis) il coro dello stadio come suprema lex. Tutti surrogati, tutte cose che si possono ottenere pagando, tutti ripieghi per aggirare l’ostacolo che è lì come un convitato di pietra: la presenza incombente e muta del proprio io fermo e incapace di dare una sterzata alla propria vita. Allora nel frustrato avviene una cosa curiosa: si ribalta il problema e protervamente si comincia a supporre di essere anche migliori degli altri. Si alza la voce e si mette a tacere, umiliando, chi si interporrà o quella che è diventata una controparte.
Si incontra una donna. Si ostenterà una carineria sorprendente anche per sé. E forse c’è anche un lumicino di speranza che con lei possa cambiare qualcosa nell’incipiente fallimento interiore. Ma anche la donna, per bella, brava e buona che sia, non è un essere perfetto, avrà anche lei i suoi difetti. Non appena vede la debolezza, la mancanza, l’imperfezione, il vigliacco frustrato prende il sopravvento, si accanisce. Prima con le parole, con le umiliazioni, poi con le botte e poi e poi e poi.
A contatto di gomito la donna si è dimostrata ben presto “superiore” per intelligenza, per senso pratico, come vero perno della famiglia. Anche professionalmente sul lavoro; magari guadagnerà più di lui e questo lascerà pensare molto il maschio insoddisfatto e subentrerà l’invidia, la gelosia deteriore. Quando le cose si saranno realmente dipanate e chiarite la donna penserà di rifarsi una vita. E’ ancora giovane e bella, percepisce il desiderio che infonde negli altri. Ma non appena manifesterà la volontà di una separazione prevarrà prepotente nel maschio quel “Tu sei mia” tanto cara ai cantautori e che in altri tempi era stata una bella frase d’amore. Quella locuzione ora viene mistificata ed applicata ad una idea di possesso del tutto estranea a quel che contraddistingue la persona umana intangibile nella sua libertà. E nella mente ormai distorta il concetto viene modificato in mero oggetto materiale, possesso, tragedia.
La catarsi di Lippi, corollario della soluzione, si comincia a presagire verso la fine del libro con una asserzione esplicita e precisa. Come nel film di Sergio Leone “Al cuore Ramon, al cuore!”
La rivoluzione di Lilith Sofia è la proposta decisa e netta di una resistenza di forza uguale e contraria al cinismo del vessatore. Ha spiegato a iosa, per tre quarti del romanzo, che la comprensione, la tolleranza, la sopportazione è inutile, infine deleteria. La controparte non capirà mai, non si redimerà; ormai è preda di se stesso e del suo male che genererà solo male.
La conclusione per la protagonista sarà inevitabile e troverà il lettore solidale.
Il pregio della prosa di Sonia Lippi è subito evidente, dalle prime battute. Stringata, corta, essenziale. Pensiero chiaro, veloce e scorrevole come si addice ad un romanzo d’azione. L’empatia è forte e a tratti commovente. Scorre abbondante il linguaggio immediato e familiare che potrà far storcere il naso ai puristi. Ma oggi si usa così e domani sarà magari la regola.
Siamo lieti noi del Nuovo Fidia-Museo Nena di avere come ospite questa grande scrittrice nell’occasione, non trascurabile, della vigilia del 25 novembre in cui si celebra universalmente la giornata contro la violenza sulla donna. Auguriamo a Sonia Lippi i più grandi successi letterari. Li merita tutti.
»

 

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