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aprile 2024 - Proseguiamo nella pubblicazione delle
opere che vogliono rendere omaggio a Caterina Martinelli,
eroina di questo territorio. Dopo aver pubblicato la splendida
poesia in vernacolo siciliano di Giovanni Canzoneri, oggi
diamo spazio a due sonetti scritti in dialetto romanesco dal
poeta Lancillotto di Castelgandolfo (pseudonimo dell’amico
Gianfranco). L’autore si cimenta da anni in sonetti scritti
nel vernacolo romanesco che affrontano vari problemi della
società moderna. Il sonetto è una classica composizione
poetica di carattere lirico, burlesco o satirico, costituita
da quattordici versi, di solito endecasillabi, distribuiti
in due quartine e due terzine con rime disposte secondo determinati
schemi. Il sonetto romanesco si identifica soprattutto per
le rime graffianti, ironiche e sprezzanti che trova il suo
maggior esponente in Giuseppe Gioacchino Belli. La produzione
letteraria del poeta Lancillotto è piuttosto vasta
ma ha prodotto una sola silloge poetica “Voce castellana”
e un’altra in via di pubblicazione. Anche lui come gli altri
autori ha voluto tributare il suo omaggio a Caterina Martinelli
attraverso due sonetti:
“Caterina
Martinelli”
Mamma coraggio
Che
a chiamalla santa ce rimetti
Per coraggio de sora Caterina
Che pe’ sfama’ li sette fijoletti
Er piommo la trafisse in de la schina.
L’autore de ‘sta granne infamità
Er monno lo tiè sempre sott’accusa
E nu’ je basterà l’eternità
Pe’ fasse perdona’ ner chiede scusa.
Ma tutta Roma sempre t’aricorda
Pe’ quella pagnotta insanguinata
Ch’ andrebbe risarcita co’ la corda.
Tutto l’onore a te mamma coraggio
Noi te giuramio su la vita nostra
De nu’ scordasse mai quer tre de Maggio!
(Lancillotto
di Castel Gandolfo)
Ricordando
Caterina Martinelli
Che sse ce fosse stat’un Gesù Cristo
che a tutti ce legge ner penziero
l’avrebbe furminat’appena visto
co’ quer fucile e vestito nero.
Quella pagnotta e poche ciriole
dovette da pagalle co’ la vita
pe’ sempre se negò da ved’er sole
a’ stangelo de la bontà ‘nfinita.
Ce dicheno da nu’ toccà Caino
fintanto che ‘sto fatto nu’ li tocca
ma quanno che li tocca da vicino
je danno de pistolin’in de la bocca.
Vorrei tanto conosce l’assassino
che sparò quer corpo de moschetto
vorrei guardall’in faccia da vicino
pe’ daje de pugnal’in pieno petto.
È quest’er sentimento che m’assale
pe’ renne giustizio a Caterina
fu succube der più tremendo male
de quell’Impero senza la farina.
Sempre t’aricordamio Caterina
perché ce boll’in petto la coscienza
sarai pe’ sempre la nostr’eroina
dell’Università di Tor Sapienza.
(Lancillotto
di Castel Gandolfo)
Ringraziamo
l’autore per la gentile disponibilità e collaborazione.