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febbraio 2017 - Su gentile concessione dell’autore,
qualche giorno fa abbiamo pubblicato la prima puntata del
libro “La Cervelletta di Mimmo e con Mimmo”. Oggi proseguiamo
con il seguito del racconto: “Mi chiamo Mimmo Pietrangeli,
che la benevolenza del Presidente del V° Municipio, Ivano
Caradonna, ha voluto ribattezzare in “Mimmo Cervelletta”,
per sottolineare il mio, ormai, trentennale impegno in difesa
della Cervelletta.
Debbo ammettere che sono orgoglioso di questo mio lungo e
costante impegno in difesa di questo luogo meraviglioso, non
solo per le sue peculiari caratteristiche naturalistiche,
ma, soprattutto, per quelle storicoarchitettoniche, che i
cittadini, le associazioni non solo territoriali, le scuole,
le istituzioni hanno sottratto alla speculazione edilizia.
La storia del mio rapporto con la “Cervelletta” inizia nel
mese di aprile del 1981, quando, con la mia famiglia, mi sono
trasferito, dal quartiere Pigneto, a Colli Aniene, nell'area
prospiciente quello che sarebbe diventato il Parco omonimo.
Mi era sembrato di giungere in un'oasi paradisiaca, piena
di verde, colori, profumi, fiori, tra i quali spiccava, sovrano,
luminoso, il giallo intenso delle gracilissime iris, che bordavano
e bordano ancora i canali. Allora l'azienda era già
in smobilitazione.
Durante le serate estive, nel silenzio immobile, rotto soltanto
dal rumore sordo dell'autostrada (A24), la notte si illuminava
della flebile luce delle lucciole e noi, assorti, assistevamo
al concerto delle rane e a quello, sublime e “variopinto”,
degli usignoli o al verso lugubre delle civette.
L'AREA UMIDA
L'area
della Cervelletta si trova tra l'A24 (Roma-L'Aquila), Via
di Tor Cervara, il collettore di Roma Est ed il piano di zona
n° 15 (Colli Aniene). Si raggiunge: a piedi nel Parco,
da via Spataro o da via M. Cingolani; in auto, dalla A 24
o da via di Tor Cervara, inserendosi in via della Cervelletta,
all'altezza del cavalcavia sulla A 24. Il percorso pedonale,
per un tratto rettilineo, segue il “sentiero natura” denominato
“Via delle Iris”, che è contrassegnato da tre cartelloni
informativi sulla flora e sulla fauna dell'area palustre.
Attraverso il portale in legno che porta la scritta “Parco
della Cervelletta” si scende nella zona golenale dell'Aniene
(che dista circa 1,500 Km); si percorre “Via delle Iris”,
che fioriscono dalla seconda metà di aprile, ornando,
in modo meraviglioso, i canali, che sono serviti , in passato,
durante gli anni dell'attività agricola, per irreggimentare
le acque, utilizzate, tra la fine dell'Ottocento e i primi
decenni del Novecento, anche per le marcite (risaie).
Percorrendo questo sentiero, soprattutto in primavera, si
possono osservare anche alcune essenze arboree ed erboree
tipiche delle zone palustri: farfaracci, ranuncoli, borragine,
lenticchiette d'acqua, ortiche, tarassachi, cicute, tife,
iris, cannucce palustri, ebbi...; pioppi bianchi, pioppi neri,
pioppi cipressini, olmi, robinie, sambuchi... Se si è
fortunati si possono fare incontri emozionanti con animali
e uccelli particolari: il martin pescatore, il pendolino,
l'anatra selvatica, l'airone cinerino, la gallinella d'acqua,
il gheppio, la poiana, la volpe, l'istrice, il tasso, il granchio
d'acqua dolce, la nutria, la tartaruga palustre...
Era il tempo intenso dei lavori agricoli e le voci di centinaia
di operai macilenti strappavano il pane alla terra (stanziali,
stagionali, “capannari”), confondendosi con i mesti canti
delle donne intente a lavare i panni o seguire, con il faticoso
chiacchiericcio, il movimento rumoroso di centinaia di animali
(mucche, cavalli, muli) nelle vallate circostanti il Casale.
Alla fine del primo tratto (3° pannello: uccelli e mammiferi)
si può girare: a destra e raggiungere, dopo averlo
aggirato, il monumentale Casale, risalendo dall'anfiteatro
naturale; oppure a sinistra per “via del Ponte del lavatoio”,
sulla destra del quale, in basso, su una lastra di cemento
che costeggia il “Fosso della Cervelletta”, si possono ancora
osservare gli incavi, dove le donne che vi si recavano per
lavare i panni, depositavano il sapone. Un po' più
avanti, oltre il “Ponte”, si può ammirare ancora l'esempio
di una bella “chiusa” dei primi del '900, utilizzata, come
molte altre scomparse, per l'irrigazione degli orti e delle
marcite (risaie).
Tornando indietro, a sinistra si percorre “via del vecchio
fienile”, di cui rimangono, a causa di un rogo, solo le colonne
di mattoni. Risalendo, a destra, ci si inserisce in “via della
Cervelletta”, che porta al Casale.
Il Casale si raggiunge anche in auto: attraverso la via Tiburtina
ci si inserisce in via di Tor Cervara, che si percorre fino
alla confluenza su via della Cervelletta all'altezza del cavalcavia
sulla A 24; oppure percorrendo (soprattutto per chi viene
dal centro) la A 24 (autostrada Roma-L'Aquila, uscita per
di Tor Cervara), prima strada a destra (via Raffaele Costi);
in fondo, a destra, Via di Tor Cervara; e, immediatamente
dopo, il cavalcavia sulla A 24, a sinistra, via della Cervelletta
e, a 150 metri, il Casale.
Geologicamente il territorio si è formato circa 700.000
anni fa, quando erano attivissimi i vulcani dei Colli Albani,
che hanno riempito le profonde depressioni vallive che caratterizzavano
l'area.
Il grande fiume Aniene e i suoi affluenti, scorrendo per migliaia
di anni hanno formato l'attuale morfologia, creando “monticoli”,
(acervi) e,
riaprendo le valli, la più significativa delle quali
è quella dell'Aniene.
Di queste lontane ere rimangono testimonianze evidenti nelle
cave di tufo e pozzolane diffusissime nei dintorni. Particolarmente
interessanti quelle di Tor Cervara (“Laghetti sportivi”),
alcune delle quali risalenti al periodo dei romani.
Il paesaggio corrusco e bagliori, attraversato da remote esplosioni
continue, mefitiche - e cenere e lapilli di fuoco piovevano
sulla terra. - Il fuoco divorava le foreste, il terrore irretiva
animali e cose. - Seguivano diluvi devastanti e prendeva corpo
sinuoso il dio Anio - e la terra creava l'assetto avvenire.
Nelle zone circostanti il Casale, circa 300.000 anni fa, sono
vissuti animali straordinari, come l'elephas antiquus, il
rinoceronte, l'ippopotamo, gli orsi...
Una splendida testimonianza di questa presenza la offre il
museo pleistocenico di via Casa de' Pazzi - Via Galvani, dove
possiamo ammirare resti fossili straordinari, come zanne di
elephas lunghe più di tre metri. Tra gli altri resti
fossili, importantissimo risulta l'osso parietale di un homo
preneanderthaliano, risalente a circa 150.000 anni fa.
Non si capiscono i motivi che rendono indisponibile alla fruizione,
da parte dei cittadini, di questo sito museale straordinario,
quasi unico nel suo genere, a Roma.
Erano gli anni lontani delle drammatiche lotte per la sopravvivenza
e della precarietà assoluta e “l'homo lupus”, fu costretto
a condividere ed organizzare la propria vita con gli altri,
creando, attraverso la “social catena”, la Civiltà.
Le prime testimonianze della presenza dell'uomo in queste
zone, dove si recava per cacciare e raccogliere frutti selvatici,
risalgono al 7°-8° secolo a.C.
In questo periodo i romani hanno iniziato a sfruttare le cave
di tufo per costruire edifici pubblici e privati.
L'elemento geologicamente più importante è costituito
dalla rupe tufacea, sulla quale sorgono la stupenda Torre
medioevale, il monumentale Casale e il “Borgo rurale”, costituito
da diverse costruzioni utilizzati, in passato, per scopi diversi
e che oggi risultano, nella maggior parte dei casi, in condizioni
decisamente precarie.
Secondo una convinzione radicata, il nome “Cervelletta” può
derivare dal fatto che, nel medioevo, nella zona, esisteva
una vasta riserva di cervi. Il cervo è anche il simbolo
dei Trinitari che, nel Medioevo, hanno posseduto il sito.
Comunque il termine latino “cervus” significa anche palo di
sostegno, in ricordo, forse, delle antiche palafitte? Secondo
una ipotesi più moderna e più accreditata il
nome deriverebbe dal termine latino “acervus”, che, in italiano
significa mucchio, colle, monticolo, piccola collina; non
a caso il nome del quartiere limitrofo è quello di
“Colli Aniene”. Anche se privo di colli, sbancati all'atto
della sua edificazione, il quartiere è circondato da
numerose collinette costituite da pietra tufacea e da strati
di pozzolane, chiaramente di origine vulcanica.
Su uno di questi “acervi”, il Monte della Puletrara, a Nord
rispetto al Casale, sorgeva una grande villa rurale romana
risalente agli ultimi anni della Repubblica ed ai primi anni
dell'Impero. Fino a qualche anno fa, si potevano scorgere
ancora gli ingressi alle due grandi cisterne.
Qualche studioso avanza l'ipotesi che anche il sito del Casale
fosse una villa romana o un'appendice di essa.
Era la vita, 2000 anni fa, alla villa romana, sul Colle della
Poletrara...-“Ave, domine...!” -"Ave...!” ... era il
saluto consueto e il robusto carro, carico di derrate alimentari
prodotte nella villa, si perdeva rumoroso sull'acciottolato
di basoli, percorrendo il diverticolo che collegava la villa
con la via Collatina, mentre una matrona avanzava, proveniente,
all'altro lato, dalla Via Tiburtina per un incontro d'amore.
Dal fondo della valle proviene il muggito dei buoi e il belato
degli ovini, mentre gli schiavi asserviti al massacrante lavoro
agricolo stanno
raggiungendo i loro miseri giacigli.
Dopo la fine dell'Impero romano, si afferma il lungo periodo
medievale, dominato dall'aristocrazia feudale. Di questo periodo
storico l'elemento più significativo è rappresentato
dalla bellissima Torre del 1200...e il ricordo va a quel terribile
giorno in cui la nobildonna Isabella aveva invitato, per un
intrattenimento conviviale, la famiglia dei duchi Alvari di
un feudo vicino.
Mentre a pranzo discutevano piacevolmente, la voce allarmata
della vedetta, dalla sommità della Torre, annunciava
un incendio spaventoso che distrusse tutti i raccolti, provocando
una devastante carestia che segnò profondamente la
vita dei feudi, condannando inesorabilmente alla fame e, quindi,
alla morte, sopratutto i figli dei servi-contadini (servi
della gleba).
Con le crisi del Feudalesimo e l'avvento delle Signorie prima
e del Principato poi, intorno alla Torre, venivano addossandosi
delle costruzioni; le prime, ad opera degli Sforza, risalgono
alla seconda metà del '500. Nel 1606 gli Sforza cedono
la proprietà della tenuta (di circa 264 ettari) agli
Alvari che, però, abbandonano a se stessa la Cervelletta
che, nel 1628, venne acquistata, ad un'asta, dal Cardinale
Scipione Borghese, il quale, nel 1629, costruì la parte
anteriore del Casale ed iniziò la costruzione di alcune
stalle e fienili.
L'ultima famiglia, nobile perché imparentata con i
Borghese, che ha avuto in possesso la Cervelletta fino al
1951 e che ha ultimato la costruzione del Casale e del nucleo
circostante (il “borgo rurale”), è stata quella dei
Salviati. Degli originali 264 ettari, a causa dell'abbandono
dell'agricoltura, causato dal boom economico degli anni '50
- '60 - '70 e della devastante antropizzazione del territorio
che ne è seguito, utilizzato per le costruzioni residenziali
della 167, rimanevano circa 40 ettari che furono frazionati
e venduti a due finanziarie edilizie.
La “Magis” ha acquistato la sezione a ridosso del Piano di
zona n° 15 (Colli Aniene), alla “Tirrena” andò
quella attigua a via di Tor Cervara, che, oltre al complesso
monumentale del Casale, al “Rimessino” e a circa 20 ettari
di terreno, conteneva anche il “borgo rurale”.
E' assolutamente necessario, a questo punto, ricordare il
contributo di quanti, con l'ingegno, l'opera e, talvolta,
la loro vita, hanno reso possibile la vitalità e la
straordinaria produttività della grande azienda agro-zootecnica
della Cervelletta. In primo luogo: le famiglie Bonfichi e
Secondi, provenienti questa dalla Lombardia (Carlo, Mino,
Luigi) dei fattori e collaboratori Pietro, Natale, Silvio
con le loro infaticabili compagne e le centinaia di operatori
agricoli provenienti dalle zone circostanti."
Antonio
Barcella
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