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La ricerca della legalità non deve essere un pretesto per peggiorare la vita dei cittadini

13 agosto 2017 - Prendiamo spunto da quanto è accaduto a Colli Aniene in merito alla chiusura dell’esercizio commerciale Dolce e Salato di piazzale Loriedo per parlare della “legalità” o presunta tale. Il termine legalità è il «rispetto e la pratica delle leggi. È un'esigenza fondamentale della vita sociale per promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la costruzione del bene comune». Per evitare qualsiasi fraintendimento ribadiamo che la legge va rispettata in tutti i suoi aspetti ma subito dopo vogliamo approfondire l’argomento con un concetto che può essere più o meno condivisibile: quando i cittadini si appellano alla legalità lo fanno per avere una vivibilità migliore e non certo per scatenare una guerra tra poveri dove il perseguitato non è “il delinquente” di turno ma una persona che tenta di sbarcare il lunario con il proprio lavoro o la sua attività. Se il fine della legalità “è la costruzione del bene comune”, da un provvedimento volto al suo rispetto non può derivarne un danno per la collettività. Troppo facile prendersela con i cittadini inermi spesso costretti a fare i conti con leggi più o meno sbagliate ma nelle quali non è facile stabilire il confine del concetto di legalità. Leggi farraginose, frequentemente volute in questo modo da chi le ha scritte o modificate, permettono attraverso le loro larghe maglie il concetto di “interpretazione” attraverso il quale schiere di avvocati riescono a far sembrare giusto quello che è sbagliato e viceversa. Spesso la rigidità di certe decisioni, prese anche di recente da chi amministra questo Municipio, più che il rispetto della legge, porta un danno alla collettività con perdite di servizi efficienti o posti di lavoro. Probabilmente un approccio più morbido avrebbe consentito di sanzionare il cosiddetto “reato” senza colpire di riflesso chi non c’entra nulla con la questione. Ad esempio, era così difficile, prima di mettere i sigilli al Bar Dolce e Salato, modificare l’affido dell’area verde pubblica in modo che non restasse chiusa ed abbandonata? Qualcuno ha pensato ai dipendenti dell’esercizio commerciale che da un giorno all’altro si sono ritrovati senza lavoro? Tutto questo solo per la costruzione di una veranda abusiva in uno Stato dove l’abusivismo regna sovrano?
Per concludere, quando i cittadini chiedono legalità lo fanno soprattutto per tutelare la propria persona e i propri averi, oppure per il diritto di respirare aria e non diossina. Se qualcuno si fosse degnato di chiedere ai residenti di Colli Aniene dove cercare la legalità, probabilmente la chiusura del Bar sarebbe venuta all’ultimo posto ossia dopo il reato dei “roghi tossici”, dopo il reato di “spaccio”, dopo i reati di “furto e rapina”, dopo la dilagante diffusione del gioco d’azzardo sul territorio, dopo i tanti reati amministrativi spesso mai puniti.
Fermo restando che qualsiasi abuso va correttamente sanzionato e perseguito, un minimo di valutazione avrebbe potuto scongiurare i cosiddetti effetti collaterali. Poteva essere salvata l’area verde pubblica? La risposta è sicuramente affermativa: ci sono già delle proposte alla Presidente del IV Municipio che si è chiusa nel suo frequente silenzio istituzionale. Potevano essere salvati i posti di lavoro? Probabilmente sì, con un temporaneo rinvio del sequestro che avrebbe consentito al gestore del bar di sanare gli abusi.
Sono certo che questo articolo scatenerà una discussione piuttosto accesa ma ritengo che il concetto di democrazia sta proprio nel confronto delle idee.

Antonio Barcella
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